Il bolscevico Leonid Krasin propose la imbalsamazione di Lenin. La scoperta della tomba di Tutankhamen a Luxor e le speranze in una tecnologia capace di far rivivere i morti, sembrarono ragioni sufficienti.
Oggi l’ibernazione sostituisce l’uguale speranza.
Manco di desiderio imbalsamatorio. Non mi attira riaffacciarmi in epoca di posteri. Un antico Romano resuscitato oggi impazzirebbe subito e creperebbe di tristezza poi.
Neanche la durata dei miei scritti mi lusinga. Mentre li faccio, mi tengono compagnia e forzano il mio vocabolario a tentare la precisione.
Le ristampe mi riguardano adesso. In assenza di figli l’eredità è per me una superstizione.
Da lettore però preferisco le scritture del passato, anche remoto. Mi riguardano le loro epoche e il caso, almeno equivalente al merito, di circolare ancora. Mi sorprende la sensibilità acuta e insolente delle loro osservazioni a occhio nudo, con sensi non smussati dagli stimoli attuali. Possiedono uno sguardo d’insieme, da noi perduto a causa delle inquadrature dentro schermi e schermetti che escludono le vastità fuori di campo. Nelle storie remote niente è fuori campo e fuori fuoco.
Kuzmin, poeta Russo di primo novecento, scrive pagine dal titolo: ”La trota rompe il ghiaccio”. In primavera al disgelo i pesci più robusti sgombrano con colpi di coda l’ultimo strato di ghiaccio. Tolgono la cataratta opaca che fa velo al cielo e agli insetti da afferrare al volo.
Le scritture del passato assomigliano a quel battito di code che aprono un varco nel soffitto, bussando dal basso verso l’alto.
E l’alto da raggiungere non si trova nei cieli, ma alla superficie.
I ragazzi del progetto “I giovani incontrano Erri de Luca”, svoltosi presso il liceo classico G.B.Vico, hanno letto alcuni dei suoi capolavori e articoli del suo blog. Questo articolo intitolato “un varco” è stato un importante spunto di riflessione. Alcuni studenti hanno riscontrato che ad una prima lettura di questo articolo sembra trasparire una contraddizione: inizialmente Erri, nelle vesti di uomo, sembra abbandonare completamente la speranza di godere di una fama eterna anche presso i posteri, e tuttavia si definisce da lettore un appassionato della letteratura classica e di un passato anche “remoto” che è invece basato sulla volontà di eternare il ricordo della civiltà di cui erano espressione. Altri invece sono stati affascinati dall’immagine del congelamento come volontà di conservare il ricordo di qualcuno o qualcosa.E’ interessante come nella lingua inglese ”eternare”, ”rendere eterni” solitamente si traduce con ”freeze” ,per far perdurare maggiormente i cibi è necessario congelarli, ”ibernare” una delle ultime tecnologie per mantenere il corpo umano intatto lo si fa con il freddo. L’idea del freddo o del ghiaccio è suggestivo per il duplice fine a cui può asservire:proteggere, per mantenere vive le memorie , ma al contempo ci costringe al necessario distacco , che può tradursi come un conformarsi alle contingenze, senza correre il rischio di anacronismo.
Un caro saluto da tutti i ragazzi del progetto.
… nella bellezza, un’esperienza dell’origine…
… articolare le parole dell’origine in un orizzonte di senso che renda ragione della finitudine nonché del suo radicamento nel mistero che ne sostiene il cammino del qui ed ora…
… la razionalità nasce già sapendo di non essere in patria e che è sostenuta da un fo di abissale e luminoso che la orienta con una gratuità verso il futuro ; tuttavia sta come in patria dinanzi al manifestarsi della bellezza, che attesta la natura trascendente dell’uomo…
… Sente che oltre qui ed ora c’è un eccedenza di senso che custodisce la meraviglia e l’indicibile…
Ops… Stavo leggendo ad alta voce, con i piedi nell’acqua e la testa in quel disco luminoso!
E’ UN MONDO DI RUGIADA EPPURE EPPURE…
Un ragazzo morto sul lavoro,in un cantiere.Un altro .Inevitabilmente ripenso a certi tuoi racconti.
Quando lascerò questa vita lo farò con leggerezza-con lieve cuore con lievi mani la vita prendere la vita lasciare-
Vorrei tornare a vivere quello che sono stata negli occhi di chi mi ha amata. Un’altra vita e un’altra storia rivisitata, selezionata, sfuggita ad un buco nero, che possa sopravvivere al posto mio, mentre sono altrove magari al cospetto dell’Eterno Ritorno, in perfetto ritardo, a parlar del più e del meno.
Sono, tuttavia, favorevole a che una buona e giusta morte secreti le mie imperfezioni alla visuale d’insieme di chi mi odia, di cui non tento di rammentare i volti e nemmeno i nomi giusti.
I nostri passi misurano il mondo.
Passi all’indietro per raccogliere
briciole di gioia e dolore(sapere chi si è stati)
per poi tornare alle lente ore del presente
Preferisco amare.Accetto l’amore degli altri con moderazione
una forma di tirchieria a contropelo.A volte l’indifferenza
gentile e civile fa meno danni se non ha troppa prudenza.
La superstizione più comune, quella di credersi il centro dell’io,
illusione della giovinezza ,maturerà poi con gli anni.
Il tempo che ho davanti lo dedico a me stessa come ultima
fedeltà che resta e che resiste , sorta di fedeltà alla terra.
Ascoltando ACROSS THE UNIVERSE
Eccetto eccessi legati alle tradizioni e alle possibilità economiche, noi cristiani non diamo molto peso oramai al ‘come’ di una sepoltura , purché si rispettino alcuni riti essenziali. L’imbalsamazione poi, attiene davvero a altri usi e costumi… e così è per il discorso per l’ibernazione che, per usare una battuta dei Trettrè : A me, me pare ‘na strun… eccetera. Il varco nostro è un raggio di luce che agguanta e fa rientrare ‘alla casa del Padre’, è la promessa realizzata di Cristo. Oggi tiri fuori un argomento in controtendenza, sopravvivere a se stessi… mentre ci sono associazioni civili anche di tutto rispetto, che agevolano la volontà di molti di andarsene anzitempo. E’ di gran moda morirsene …Leggere oggi di ‘vita oltre’ o allungamento della vita o della propria presenza oltremodo, mi dà l’effetto sincretico di bere il latte con un piatto di pasta e fagioli che, oltre a causare possibili accidenti di stomaco, mi intristisce come cristiana e come essere umano. Leopardi diceva che la morte è necessaria alla vita… sono d’accordo. Non bisogna vivere nel passato di nessuno, tanto meno nel proprio; e se poi qualcuno di noi riesce a sopravvivere a se stesso, sarà sempre e solo per lo stesso motivo che lo ha spinto a vivere e a condividere.. l’amore, per le persone che ha conosciuto, per le opere che ha fatto. Ecco, il nostro colpo di coda è allora la nostra generosità di sparire quando tocca e lasciar posto a nuove primavere, ma senza invidia o pretese, perché noi siamo le stagioni che han preparato loro il terreno. Qualcosa di noi rimane comunque. Ciao poeta 🙂 a domani <3 <3 <3
La sera con questo tramonto opalino mi parla di silenzio,Vuoto.Ascolto Bach.
Varco una soglia.Un pensiero mi afferra.
-Qual è il suono di una mano sola?-
-Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra-
Poche parole illuminanti. Importa se bussano dall’alto verso il basso o dal basso verso l’alto?
La scrittura di Erri bussa dal basso verso l’alto.
PROGETTO “I GIOVANI INCONTRANO ERRI DE LUCA” LICEO G.B.VICO NOCERA INFERIORE (Sa)
Forse è per questo che tante verità non trovano affermazione sul momento. È il tempo che apre loro il varco. Che le colma di ragioni e di significato tanto da non poter rimanere costrette nei confini dell’oggi.
Le verità invisibili oggi saranno fari luminosi domani. Chi verrà dopo di noi le vedrà tutte intere.
E (se vuole) non sarà troppo tardi. Perché ci saranno altre verità da vedere sul momento. La luce, dal fondo dei tempi, illuminerà la superficie.
Basterà battere la coda e rompere il ghiaccio.
Ma bisognerà volerlo.
Questo spazio,infinito intrattenimento gentile in un momento in cui l’Italia-è mobile qual piuma al vento-
Casa d’altri ,con il trombone del nord e il Masaniello del sud.Me ne dovrò fare una ragione
Auguri alla nuova generazione,a tutte le altre,anche a quelle che verranno .In attesa di un cambiamento.
La trota amica del disgelo-comunque.
Guardo me-da una certa distanza-ragazzina in bicicletta.
Un giorno è stata entusiasmo -prima di essere una foto ingiallita.
Poi penso-eppure è ancora viva,sussurra-
La verità-non mi sono mai pentita degli entusiasmi della mia vita.
Con loro salti di qualità,Sono stati e sono ancora mezzi e fine di felicità.
Rilke
quest’essere stati terreni pare irrevocabile
Sorrido molto, trovo esilarante quel suo “manco di desiderio imbalsamatorio” messo lì nel mezzo di una prosa colta, elegante, seria ma non seriosa.
La comicità di Erri, tipicamente napoletana, viene fuori inaspettata, veloce ed efficace come un fulmine, infonde allegria nell’attimo stesso in cui squarcia il grigio e poi lascia riflettere, ma senza retrogusti amari.
In assenza di figli l’eredità è per me una superstizione….
Adoro questa tua essenza in diagonale, questo controcanto in armonia, questa extravaganza che è euritmica con il movimento e non si conforma se non all’Essenza.
No Erri, tu non morirai. Il messaggio che hai costruito sarà sempre attuale perché è senza tempo.
Le ristampe dei tuoi scritti ti sopravviveranno come grida accorate, come battiti di coda che bussano dal basso verso l’alto ad incrinare le superfici.
Notevole l’eredità che lascerai ai posteri… e secondo me lo sai e un po’ te ne compiaci…
Continua a gridare, Erri, poco importa se il ghiaccio non si scalfisce.
E cambia l’illustrazione. Non siamo ancora al tramonto. Non sei un tramonto.
Anche senza figli, caro Erri, la tua eredità è già ora notevole: i tuoi testi stupendi essenziali e profondi, dal messaggio democratico e sempre attento alla realtà che ci circonda, arrivano al cuore e lì resistono al tempo! Grazie Erri!
Meraviglioso questo tramonto che ,pare, abbia al centro una luna piena.Generosità del sole,
IL tramonto,quando è così avvolgente,ci prende tra le sue braccia e per un momento ci lasciamo, andare senza pensare a niente
Il mondo gira e forse c’è un perchè
se qui è notte da qualche parte è giorno
Qualcuno prega o scrive una poesia
e così ,lo credo profondamente,salva il mondo
È così : c’è ancora il suono, ma la causa del suono non c’è… È l’eredità psichica, culturale, che alimenta l’intuito, il grande Saggio.
“Trovando un ferro di cavallo
Guardando il bosco diciamo:
ecco il legno delle navi, degli alberi maestri,
pini rosati
liberi fino in cima dal ruvido fardello,
a loro di gemere nella burrasca
solitarie conifere
nell’imbestialita aria non boschiva:
sotto il salato tallone del vento resiste l’archipendolo fissato alla tolda danzante.
E il navigatore dei mari nella sua smisurata ansia di spazio
trascinando per umidi solchi il fragile strumento del geometra
confronta l’attrazione del grembo terrestre
con lo scabro livello delle acque
e respirando l’odore
di lacrime di resina dal fasciame della nave,
ammirando le tavole
inchiodate, composte in paratie
non dal buon falegname di Betlemme, ma dall’altro
– il padre dei viaggi, l’amico dell’andar per mari –
diciamo:
anche loro stavano sulla terra,
scomoda come la spina dorsale di un asino,
per le cime dimenticando le radici,
dritti sul famoso crinale,
e vociavano sotto l’insipido acquazzone,
proponendo invano al cielo di scambiare con una manciata di sale
il loro carico prezioso.
Da dove cominciare?
Tutto si incrina e oscilla.
l’aria trema di paragoni.
Nessuna parola vale più di un’altra,
la terra romba di metafore,
e bighe leggere
nei vistosi finimenti di uccelli in stormi densi per lo sforzo
finiscono in frantumi
a gara con gli sbuffanti beniamini degli ippodromi.
Tre volte benedetto chi porta un nome al suo canto:
adornata di un nome la canzone
vive più a lungo delle altre,
un nastro sulla fronte la fa eletta fra le compagne
salvandola dall’oblio, profumo troppo forte che stordisce
– foss’anche la prossimità del maschio
o il profumo della pelle di una bestia forte
o anche soltanto la fragranza della santoreggia sgualcita fra le mani.
L’aria sa essere scura come l’acqua, e ogni cosa vivente vi nuota dentro come un pesce
scuotendo con le pinne la sfera,
compatta, elastica, appena riscaldata,
cristallo dove girano ruote e scartano i cavalli,
Umida terra-nera della Neera ogni notte di nuovo disossata
da forche tridenti, zappe, aratri.
L’aria è coinvolta non meno densamente della terra,
non si può uscirne, si fa fatica a entrare.
Il fruscio zampe-verdi corre fra gli alberi:
i bambini giocano agli aliossi con vertebre di animali morti.
Il fragile calendario della nostra era si avvicina alla fine.
Grazie per ciò che è stato:
sono io che ho sbagliato, ho fatto male i conti, ho perso il filo
l’era tintinnava come una sfera d’oro, cava, fusa, nessuno la reggeva,
ogni volta a sfiorarla rispondeva “si” o “no”
come un bambino risponde:
“ti do la mela” o “non ti do la mela”
e il suo viso è il calco preciso della voce che pronuncia le parole.
C’è ancora il suono, ma la causa del suono non c’è più.
Il cavallo giace nella polvere e rantola schiumando,
ma il ripido stacco dell’incollatura
serba ancora il ricordo della corsa con le zampe da ogni parte protese
– quando non erano quattro
ma quante le pietre della strada,
moltiplicate ancora quattro volte
quante ritraeva dal suolo l’ambio lucido di calore.
Così
trovando un ferro di cavallo
si soffia via la polvere,
lo si strofina sulla lana finché brilla,
allora lo si appende sulla soglia
perché riposi
e non gli tocchi più strappare scintille dal selciato.
Labbra umane che più non hanno da dire
conservano la forma dell’ultima parola pronunciata
e la mano sente ancora il peso
anche se la brocca è traboccata a mezzo
nel cammino verso casa.
Quello che dico adesso non sono io a dirlo,
ma si strappa alla terra come grani di grano pietrificato.
Alcuni
sulle monete disegnano un leone,
altri
una testa:
pastiglie d’ogni sorta – di rame, oro, bronzo
stanno sepolte nella terra con gli stessi onori.
Il secolo, a furia di morderle, ci ha lasciato l’impronta dei suoi denti.
Il tempo mi lima come una moneta,
e ormai manco a me stesso.”
Osip Mandel’stam
Vita in tutte le lingue è una parola breve,ma quante cose sono lì stipate,accartocciate,seminate…
Rilke-Qui è il tempo del dicibile,qui la sua patria-
Siamo una giornata breve,che non ci sia greve ma leggera l’aria della sera
…/…
Batti, trota, più forte!
Perché sei stanca certo
del sole in acquamarina,
dell’ombra degli uccelli in volo.
Più violenti i tuoi strappi
più tagliente il suono: il ritorno dell’amicizia.
Sul ghiaccio sta un contadino.
La trota spezza il ghiaccio.
http://www.edizionilobliquo.it/libri/INT_029.html