Casa
“Chi non ha casa adesso non l’avrà,
chi è solo a lungo solo dovrà stare…”
I versi di Rilke mi rappresentavano durante la età giovane. Poi è venuto il tempo della casa. Esco, chiudo la porta, torno e infilo la chiave nella serratura. L’abitudine mi fa considerare normali questi gesti. Sono invece privilegi.
Nel mondo la normalità è l’esilio, gente sballottata via dalle stanze da parte di terremoti, incendi, eruzioni, da parte di guerre che sono terremoti, incendi, eruzioni. Beniamino della sorte è chi ha un tetto, un letto, la chiave di una porta. Chi torna al suo numero civico la sera e lo ritrova come lo ha lasciato al mattino.
Beniamino di buona sorte chi non sta in accampamenti, tende, sotto pioggia che diventa fango, sotto il vento che fa scricchiolare i paletti di sostegno, i figli senza scuola. Da dietro i doppi vetri vedo gli scrosci a catinelle, vicino al fuoco del camino sto al riparo dall’inverno.
Allo schermo ci sono le notizie di chi non ha più casa, la mia eccezione è di non fare parte delle notizie. Con questi pensieri sottosopra, la chiave che apre la porta di casa mi diventa pesante e preziosa più di qualunque metallo, il bicchiere di vino sulla tavola un salmo di ringraziamento.
English translation.
Home
“Who has no home now will never have one,
who is alone now will be alone for a long time…”
Rilke’s verses spoke to me in my youth. Then came the time of home. I go out, close the door, return, and turn the key in the lock. Habit makes these gestures feel normal. Yet, they are privileges.
In the world, normality is exile—people tossed out of their rooms by earthquakes, fires, eruptions, by wars that are earthquakes, fires, eruptions. Blessed is the one who has a roof, a bed, the key to a door. The one who returns to their house number in the evening and finds it just as they left it in the morning.
Blessed is the one who does not live in camps, in tents, under rain that turns to mud, under wind that makes the support poles creak, with children who have no school. From behind double-paned windows, I watch the rain pour down in torrents; by the fire in the fireplace, I stay sheltered from the winter.
On the screen, I see news of those who have lost their homes, and my exception is not being part of those news stories. With these thoughts turning upside down in my mind, the key that opens my front door feels heavier and more precious than any metal, the glass of wine on the table, a psalm of gratitude.
Semplicemente, grazie.
Cara associazione ho fatto infermiera professionale al santobono non mi mancano storie di abbandono e salvataggi, di bimbi abbandonati perché down o malformati mi sono sentita la madre di tutti coloro sono passati tra le mie mani oggi a 62 anni mi ritrovo in prepensionamento per una SLA e io stessa abbandonata perché la gente quando hai un problema ti allontana ma sono disposta ad accogliere un ragazzo da accudire e dare un tetto ché non passa giorno di riconoscermi fortunata soprattutto quando mi metto al calduccio a letto non faccio che pensare ai tanti bambini al freddo e gelo.
Ho fatto volontariato in Africa, nonostante il mio lavoro ho cresciuto tre figli e tre nipoti cavalcare e camminare la mia passione oggi imparo il pianoforte, sto scrivendo un libro autobiografico che visto la mia intensa vita può aiutare agli altri a trovare soluzioni ai problemi quotidiani che affliggono sempre e comunque mi ripeto che il problema immigrazione si potrebbe risolvere in gran parte se ognuno si prendesse carico almeno di uno di loro, dove mangiano tre mangiano quattro… magari leggete e mi terrestre presente! comunque sia è stato un piacere.