La classe operaia: questa definizione economica di Karl Marx ha avuto conseguenze politiche. Un lavoratore salariato apprendeva due cose: di essere sottopagato per produrre plusvalore e di appartenere a una schiera di uguali. La classe operaia è stata prima di tutto una potente definizione politica. Ha procurato coscienza della propria forza di massa, rompendo l’isolamento dei singoli.
Ho fatto lavori manuali tra il ’76 e il ’97, ho conosciuto la grande fabbrica e la piccola azienda. Ovunque ho potuto riconoscere il grado di consapevolezza e dignità conquistato e trasmesso dalle lotte delle generazioni precedenti. Lo chiamavo e lo chiamo ancora: misura del progresso.
Il 1900 è stato il secolo degli operai. La loro forza lavoro ha mosso il macchinario assordante delle produzioni dal fondo di miniere al piano ultimo dei grattacieli. Il loro numero e la loro coscienza li rendeva una classe, nome che proviene da una compatta formazione di battaglia.
Nell’autunno dell’80 ho bivaccato davanti a uno dei molti cancelli della fabbrica Fiat Mirafiori a Torino. La mia vita è basata e ripassata spesso tra i suoi fiumi. Per 37 giorni e notti la classe operaia torinese ha sigillato il più grande stabilimento industriale d’Europa per non far passare oltre ventimila espulsioni. Dopo 37 giorni di blocco totale togliemmo l’assedio. Le espulsioni passarono. Conto da quel momento preciso la diminuzione fisica e politica del termine classe operaia.
Alleggerita di addetti, meccanizzata da nuove lavorazioni automatiche, la grande produzione ha potuto fare a meno della massa critica operaia. Avevo una tuta blu intrisa di lubrificanti, oggi vedo camici bianchi. Ho assistito all’estinzione del termine classe operaia.
Questo comporta minore tutela sul lavoro e aumento micidiale di pericolosità, gentilmente definita infortunistica. Non c’entra l’infortunio, neanche la sfortuna. C’entra l’aumento dei ritmi di lavorazione, la tensione di nervi tesi in faccia, l’allarme continuo e incorporato nei gesti, e a fine turno un assurdo sollievo di illesi. È posto di lavoro: o di trincea?
Ai miei tempi sfondare un picchietto di operai in sciopero era caldamente sconsigliato anche agli agenti in divisa. Oggi un autista investe e uccide col suo camion un operaio che blocca un ingresso insieme ai suoi compagni. Lo investe e lo uccide istigato dall’ordine di un qualche kapò di lager.
La modernità regredisce volentieri e la vita umana messa di traverso le ingombra la sua marcia indietro.
Erri De Luca
(in Foto. Il Quarto Stato, di Giuseppe Pellizza Da Volpedo, olio su tela, 1901.
Conservato nel Museo del Novecento di Milano)
Amico Erri, prima che chiuda questo argomento, le voglio dire che sono smisuratamente contenta per lei che non appartenga più alla “Classe Proletaria” o come la chiama ” Classe Operaia”, perché è dura, e mi auguro che ne rimanga soddisfatto. Brindo, quindi, affinché il suo successo sia per sempre illimitato. Buena suerte en su vida e hasta luego su un’altra pagina. Salomé
Mi è ormai sfuggito l’argomento iniziale… Ma è passata una settimana e sto aspettando con ansia il prossimo. La lettura del dibattito è stata nondimeno interessante. Buona serata a tutti.
-il presunto padrone di casa è posseduto
dagli ospiti e può dirsi fortunato se gli rimane un cantuccio in cui ritirarsi-
ora ti saluto .
almeno per un po’
nina
da BAri solo di passaggio
e se ci bevessimo un buon bicchiere di rosso?
metaforicamente intendo,ma alla nostra salute
Io ci sto, dolce Nina! Allora a presto per un brindisi a Bari! Bel pomeriggio a lei, la nostra poetessa preferita. Salomé
Mia sirena, se mancano i tarallucci posso darti uno strappo io.
per me sei troppo criptica
ma se va bene a te….
Valeria Dell’Anna
26/09/2016 alle 9:30 am
O sì, conosco quei due giganti, chi sono e la loro misantropia. Questo detto con un piede sul limite, che Amedeo non ha segnato ebsuperato il quale la bellezza del suo intervento non muta ma diventa muta. Mentre scava. Scava.
Buon Giorno, amica Valeria, mi spieghi allora, e senza limite, faremmo eccezione, la misantropia di Alceste o Molière e Platone, giacché la conosce bene e di sicuro, senza alcun dubbio, meglio di me cosicché pure oggi io possa imparare qualcosa di nuovo. Che bello! Un sereno giorno a lei, cara Valeria. Salomé
O sì, riconosco anche quella fame di sapere e di cavalcare senza limiti il palco, di sorprendere lo spettatore, di trascinarlo, di coinvolgerlo per dividere con lui la responsabilità di quell’attimo altissimo che è finzione ma che nasconde il vero scopo e la vita. E tutto allo stesso tempo. È davvero abile Molière, in questo. Ma se tu non hai limiti, Salomè, non puoi decidere né dei miei, né di quelli del Blog, di cui siamo ospiti. Mi dispiace tantissimo non poterla accontentare, ma saremmo oltre modo fuori luogo, appunto, per sfoggiare le piume. Un saluto
Amica Valeria, si ricordi che un Blog è per natura illimitato, pertanto non toglieremo spazio a nessuno continuando sull’argomento da lei scelto,anzi ben vengono gli altri ospiti in questa nostra conversazione, se certo, ne sono interessati e a meno che Erri non ce lo vieti. Nell’attesa di un suo fermo, se lei, cara Valeria spiegasse bene a noi tutti meglio o bene la misantropia di Molière e di Platone ne fruiremmo senz’altro tutti quanti e senza limiti. Sempre che acconsenta e/o che non abbia limiti. Nell’attesa, amica mia, la saluto con allegria. Salomé
Ill.(imitata) Salomè,
In tutta risposta posto la seconda declinazione alla sua richiesta in oggetto, perché non ha capito la prima e nemmeno che, potremmo seccare come i cardi, ma lei rimarrebbe convinta che quei due misantropi giganti a cui mi riferivo dovevano per forza essere Molière e Platone. E perché mai dovrei conoscerli meglio di lei?
Tosta restando, altresì, la mia convinzione che, veicolare o qui o lì – e viceversa – l’attenzione, non significa veicolare idee e non farebbe cambiare idee a nessuno, piuttosto ne manipolerebbe la fonte, articolo 21 alla mano, la risaluto con l’altra cordialmente. Ma prima le ricordo che, qualora in futuro avesse bisogno di rivolgersi a me per dei chiarimenti, è necessario soltanto rileggere fino alla fine quello che scrivo. E magari la risposta sorgerà spontanea, senza copia-incollarmi tutta ogni volta.
Valeria Dell’Anna
P.S. E chi l’ha detto che Platone era un misantropo, con Eros tra cielo e terra che gli imbastiva le copie?
Valeria Dell’Anna a Salomé
25/09/2016 alle 5:25 pm
“Non importa che tu non abbia capito. Non insisto nemmeno a spiegartelo perché rispetto i limiti. Spero tu rispetti i miei. E spero di essere stata coerente nel testo così come spero di esserlo in futuro anche nei fatti. Buona continuazione.”
Salomé a Valeria Dell’Anna: Valeria carissima, non siamo qui per litigare, ma per scambiare idee o anche cambiarle, semmai. A me piace capire e se non capisco chiedo aiuto. Dove sta il non rispetto in questo? E quali limiti vanno rispettati? E quali limiti suoi non avrei rispettato? Mi dica, amica Valeria, e qualora le chiederò scusa? Una cosa è certa, che non l’ho trovata coerente nel testo, no, no, e posso con l’articolo 21 in mano esprimere la mia opinione? Oppure l’articolo 21 è divenuto di colpo caduco? Bella serata, amica Valeria. Salomé
Suvvia, Salomè, articolo 21 alla mano, parlavo soltanto dei limiti della nostra rispettiva “gnorranza”, che differisce dall’ignoranza, ci tengo che sia chiaro. E poi, volendo interpretarmi fedelmente, mi riferivo anche ai limiti di velocità, quelli di cui parlavi oggi a Nina alle 11:54, in maniera così ovvia che non c’era bisogno di spiegare niente. Una serena continuazione ad entrambe, allora.
Valeria cara, e anche questa volta mi sfugge qualcosa, sono recidiva. Io oggi ho parlato di limiti di velocità con la dolce Nina? E in maniera ovvia? Allora dobbiamo interpellare la nostra poetessa. Nina, amica mia, oggi, le ho parlato di limiti di velocità in maniera ovvia? Grazie della sua memoria, amica Nina e bella serata. Salomé
Alla fine c’è un colpo di sole. Ma i colpi che le hanno accorciato il tempo li ha presi in un agguato. La classe operaia ė morta, spezzata senza dichiarazioni, allusioni. Aveva tentato, in un parapiglia durato decenni, di combattere un sempre più evanescente attaccabrighe.
La classe operaia amava la vita che fissò al varco del suo dramma. Non riuscì a trasmettere un testamento, innestando il ceppo di un’altra rivelazione.
La classe operaia è un quadro andato perduto, ne restano riproduzioni in bianco e nero. L’originale a colori è sotto uno scroscio di pioggia, è negli occhi di un cane un resto di pietà che un colpo di sole asciuga e fissa.
Amedeo, amico mio, ben ritrovato. La Classe Proletaria, ci tengo alla differenza! a parere mio non morirà mai, per il semplice motivo che servono le braccia per chi detiene il potere, non è una novità e quindi farà sempre in modo che ci sia. Quella che, sì, è morta, è la schiera di coraggiosi ed eruditi tra di loro, ce ne vogliono eccome, che ne difenda i diritti per il fatto che li conoscono essendo loro istruiti. Perché allora, quel giorno che risusciterà quella schiera “Che tremino le classi dirigenti all’idea di una rivoluzione comunista! Ma chi oggi?
Nota bene: per comunismo, Marx non di certo intendeva quello di Lenin, Stalin, Kim jong uno, o Fidel Castro o Mao e altri. se mi capisce, Amedeo. Un bel giorno. Salomé
Negli occhi di quel cane, riflesso: “Nel mondo non si ha altra scelta che quella fra la solitudine e la volgarità”…? (Schopenhauer)
Valeria, amica mia, sebbene Schopenhauer, sia Schopenhauer, non di meno resta un uomo, un uomo deluso, amareggiato e per questo misantropo, ma non alla maniera di Alceste nel Misantropo di Molière, da rileggere (tra parentesi). E di Platone, a parere mio, ha capito molto poco. Detto questo con grande arroganza! per non sprofondare insieme a lui nel nichilismo assoluto, tra la solitudine e la volgarità, io ci metterei un po’ di sogno e di speranza.senza i quali non sarebbero servite a nulla le lotte per i nostri pochi diritti e senza i quali non ci si sposerebbe più, magari sarebbe anche meglio dopotutto,chissà! e non si farebbero nemmeno più figli fino all’estinzione della nostra specie.Comunque su questo discorso si deve per forza porre un limite per dare spazio ad Altri. Grazie, amica Valeria per questa opportunità, Buona notte. Salomé
O sì, conosco quei due giganti, chi sono e la loro misantropia. Questo detto con un piede sul limite, che Amedeo non ha segnato ebsuperato il quale la bellezza del suo intervento non muta ma diventa muta. Mentre scava. Scava.
l’Africa è lontana vista dalla luna
cantava Endrigo tempo fa
oggi bussa alle nostre porte
chi arriva da noi strappa le
proprie radici ma non annulla
le differenze anzi le rende più
visibili nascoste nei centri
d’accoglienza e nei campi di lavoro
per le strade…..le differenze…
differenza:ecco una parola
molto molto complicata
dagli anni ottanta ai giorni nostri
e tutto è diventato molto più
complicato…almeno mi pare
…
La differenza, amica Nina, la poetessa, non è una parola complicata, anzi è semplicissima. lei è lei e io sono io, tutto qua. Ma quello che va pesato è che nel caso da lei citato, chiunque, che sia, Africano, Nord Americano, Australiano o Israeliano o, o, qualora vada in un’altra terra dalla sua, deve farlo secondo le leggi del paese dove va e soprattutto rispettare le sue e non le proprie leggi e comportarsi di conseguenza. Certamente non il contrario, altrimenti deve scegliere un paese con gli stessi usi e costumi coi quali ha vissuto donde è venuto. Tutto qua. E pace sia. Bella giornata, Nina. Salomé
Cara Salomè, sono una donna, italiana per nascita, del Sud più profondo. Ed è da quando sono nata, capirai, che mi guadagno, ogni giorno, il diritto di esserlo. È l’unico modo che conosco per onorare chi ha lottato, prima di me, per affermare quei diritti di cui oggi godo. È per questo che non sopporto chi non ha rispetto per le differenze. È questo il mio unico legame con la Storia di questo magnifico paese, che è così ricco di differenze, la sua identità, da piangersi addosso.
Amica Valeria dell’Anna, il fatto stesso che non sopporta chi non ha rispetto per le differenze, è già una mancanza di rispetto verso chi la pensa diversamente da lei. Diciamo che è una contraddizione nel testo. Per il resto, sarò sincera, non ho capito nulla al suo discorso, e spero mi perdonerà. Buona giornata, Valeria Dell’Anna. Salomé
Non importa che tu non abbia capito. Non insisto nemmeno a spiegartelo perché rispetto i limiti. Spero tu rispetti i miei. E spero di essere stata coerente nel testo così come spero di esserlo in futuro anche nei fatti. Buona continuazione.
Risposta a Valeria Dell’Anna, non sapendo come altro fare, chiedo scusa, copio e incollo!
23/09/2016 alle 10:21 pm
“La disgregazione sociale è dovuta al fatto che nessuno di noi svolge quei lavori che affidiamo agli stranieri. Ma questa paura di perdere la propria identità sembra proprio la paura di perdere dei diritti acquisiti e la mancanza di volontà di riaffermarli con il ben che minimo sforzo. E perché mai dovrei lasciar perdere?”
A me non pare che vi sia disgregazione sociale e paura di perdita d’identità, dal momento che, per come la penso io, noi italiani non siamo mai stati socialmente aggregati né che abbiamo mai avuto un identità propria dal tempo dei Romani, e ancora.L’unica aggregazione che so io è quella campanilistica e ancora. Per i pochi diritti che abbiamo, poi, è giusto non perderli dopo avere faticati tanto a conquistarli. La mancanza di volontà di riaffermarli, amica Valeria Dell’Anna, di nobile famiglia per caso,in una Repubblica? Dicevo, la mancanza di volontà di riaffermarli è per me sicuramente dovuta al fatto che in Italia il cittadino conta sempre niente o quasi niente, tanto per stare allegri! Buon pomeriggio a tutti. Salomé
Sono d’accordo con Marx quando afferma che “le persone esistono qui l’una per l’altra soltanto come rappresentanti di merce, quindi come possessori di merci…”
Ma non fa riferimento a nessun volto umano del capitalismo, anzi ribadisce che “le maschere economiche caratteristiche delle persone sono soltanto le personificazioni di quei rapporti economici, come depositari dei quali esse si trovano l’una di fronte all’altra”. Cioè degli emeriti signor Nessuno, che entrano in relazione non come se stessi ma come rappresentanti di interessi, stranieri a se stessi con i quali ci tocca convivere. Smettiamola, allora, di menarcela con la razza, l’etnia, l’appartenenza, la classe…
Leggete meglio Marx.
Oggi non farò la liberale con le cose altrui, mi sospendo temporaneamente dal lavoro di operaia casalinga per potermi occupare con liberalità di parole altrui… Di utopie che riguardavano la sicurezza sul lavoro, le nuove regole per affrontare la globalizzazione, la rimodellazione della regolazione dello sfruttamento del lavoro salariato, la riforma degli ammortizzatori sociali per garantire pari dignità e diritti ai lavoratori pubblici e privati, la coerenza tra i costi dello stato sociale e la spesa pubblica, unità delle regole tra privato e pubblico, riforma dell’amministrazione dello stato centrale e della rappresentanza sindacale, la ridefinizione delle relazioni neocorpotative tra esecutivo, confindustria e sindacato, un’Europa intesa come spazio sociale di cui il diritto al lavoro è una componente determinante per uscire dal provincialismo italiano.
Dopo aver scompaginato un Libro Bianco, in ricordo di Marco Biagi, necessariamente, per impedire che sprovveduti terroristi si mettano a governare su una cattedra la crisi e l’oblio della coscienza di un paese, posso ritornare felice in “fabbrica”, con la citazione di una citazione letta in calce al ricordo che il Dott. Ranieri fa dell’amico Massimo D’Antona…
“Non so cos’è la felicità, ma fare un lavoro che ti piace, farlo bene è la cosa che si avvicina di più”. (Faussone in “La chiave a stella”, di Primo Levi) …Per cui…
“Uccidere una persona felice è un crimine ancora più grave e pesante”.
.Chiedo venia e ringrazio.
Brava, chiedi venia. La retorica non costa nulla (e soprattutto non serve a nulla).
Chiedo venia al Dott. Ranieri.
E sì: la retorica della violenza non serve proprio a nulla, interrompe sempre il dialogo proprio quando si cercano i mezzi e i modi per superare una certa idea di assistenzialismo.
Se quei fessi nononchè criminali delle BR non avessero ucciso Biagi e D’Antona, nessuno avrebbe manco saputo chi erano questi due collabò del sistema capitalista. Ne hanno così fatto dei martiri mentre li si poteva battere politicamente-democraticamente costruendo una coscente opposizione a cio’ cui stavano lavorando (lo smantellamento dello stato sociale, per farla brevissima). Ma lassa pèrde va…
La disgregazione sociale è dovuta al fatto che nessuno di noi svolge quei lavori che affidiamo agli stranieri. Ma questa paura di perdere la propria identità sembra proprio la paura di perdere dei diritti acquisiti e la mancanza di volontà di riaffermarli con il ben che minimo sforzo. E perché mai dovrei lasciar perdere?
Pienamente d’accordo con l’analisi puntuale di Salvatore e di Roberto D.G.
Un saluto.
La classe operai non si è estinta, la classe esiste in quanto esistono molti lavoratori ancora dipendenti. Pr operaio non si intende colui che si sporca le mani e fa un lavoro manuale. Per operaio si intende colui che produce beni o servizi atti a valorizzare il capitale di un capitalista.Oggi anche il lavoratore dl call center è operaio. La classe esiste proprio perchè esistono i lavoratori. I lor padroni alla Marchionne che sviluppano politiche di DIVISIONE DELLA CLASSE lo fanno perchè temono il concetto di classe stessa, temono la rinascita di un movimento comunista forte capace di riorganizzare gli operai. Non sono l macchine o l’automazione ad esser stata complice del rilassamento della classe. Prima la classe si organizzava perchè sapeva che compatta poteva ottenere dai padroni, ma lo credeva senza saper che eravamo in una fase dal capitalismo dal volto umano in cui le concessioni erano ancora possibili. Oggi che stiamo stiamo vivendo la fase acuta della crisi per sovrapproduzione di capitale, concessioni non ce ne sono più, riforme a favore dei lavoratori non se n possono più fare, per questo l’operaio non lotta sia perchè intossicato da quelli che dicono che la classe non esiste più sia intossicato dal fatto che doveva continuare a rivendicare a vuoto. La classe operai non fatta per convivere con il padrone ed elemosinare le molliche di pane o chiedere se può andare in bagno, la classe operai è fatta per detener il potere, e toglierlo alla borghesia imperialista. Questo vuol dire lotta di classe (è un contendersi il potere e non un vivere felicemente insieme). Dal dopo guerra a oggi gli intellettuali non hanno spinto verso la costruzione del socialismo nel nostro paese, ma si sono messi alla guida della classe, vendendola illudendola, deludendola, senza mai insegnar loro basi di economia, insegnar loro a dirigersi da soli, senza insegnar loro l’indipendenza dalla delega.
“Dal dopo guerra a oggi gli intellettuali non hanno spinto verso la costruzione del socialismo nel nostro paese, ma si sono messi alla guida della classe, vendendola illudendola, deludendola, senza mai insegnar loro basi di economia, insegnar loro a dirigersi da soli, senza insegnar loro l’indipendenza dalla delega.”
BRAVO, Roberto de Gregorio, lei ha mirato proprio il bersaglio giusto. Buon giorno. Salomé
Per la precisione, Karl Marx parla di “classe Proletaria” priva di averi tranne i loro figli, in antagonismo alla “classe Borghese” i possidenti di piccole o grandi industrie. Di fatto prende un significato molto più significativo che non “Operaia”, giacché capita, talvolta che anche i borghesi padroni di industrie lavorano od operano, sempre per la precisione. E non dimentichiamo che se le più grandi industrie sono per lo più nate negli Stati Uniti d’America, sono però stati gli Statunitensi a rivoltarsi per primi ai loro datori e sfruttatori di lavoro, già nel ‘800, e a indire scioperi per i quali molti sono morti assassinati dopo essere stati condannati.Poveri Eroi, non dimentichiamoli!
Ottima precisazione circa il ruolo degli “intellettuali” e circa l’analisi reali di Marx, nonchè a R. De Gregorio. Brava Salomè
Grande Erri, le esperienze di lotta non si dimenticano mai, specie se vissute con militanza e coscienza di appartenere alla marea di sfruttati. E’ vero, il movimento operaio e il sindacato rappresentativo sono morti sui cancelli di Mirafiori nel 1980 e dopo la marcia dei quadri organizzati dalla Fiat. Io ero un operatore Flm a Venezia e ho resistito per altri 3 anni con il peso di una sconfitta storica delle nostre idee. Nell’ 84 ho deciso di lasciare e sono rientrato in fabbrica, chiedendo al movimento di fare una riflessione sulle strategie e sugli ideali, ma quando si rinuncia al ruolo nessuno si ricorda del tuo impegno e come operaio non conti nulla: da qui il degrado di tutte le organizzazioni, ritenute dalla società del profitto come ostacoli “al progresso”!
Continua Erri a tenere alta la memoria e cerchiamo insieme il dialogo con i giovani, i veri esclusi dal processo storico!
Ciao Mime
La classe operaia andrà anche in paradiso… passando dall’inferno , però
Hai ragione Erri, quel mondo non c’è più da tanto tempo, neanche qui a Torino. Hanno iniziato con la frantumazione del lavoro, non solo per ciò che concerne i contratti (che sono diventati meno che carta da culo, con buona pace dei sindacati che ancora osano aprir bocca…) ma anche per quanto riguarda le commesse d’indotto , prima servite dall’interland , poi esportate all’estero. In vent’anni hanno sfasciato tutto: orgoglio di appartenenza, dignità di vivere, famiglie che si son dovute trasferire dove c’era nuovo pane… tutto. E tutto col ricattino che ‘se ti va è così se no: aria’, mettendo in conto anche la sorpresa di vedersi dall’oggi al domani il cancello chiuso per fallimento, o tornare dalle ferie e trovare che non c’è più neanche un macchinario… e non serve neanche più piegare il collo alle innumerevoli richieste di riduzione di paga, diritti, adattamenti ai nuovi turni, ai sacrifici… non basta più niente per conservare il posto di lavoro. Uno per campare la famiglia accetta tante cose… ma , se nonostante tutto, ti chiedono la dignità e poi la vita, arriva un punto che ti domandi a cosa sia servito piegare la schiena alle richieste dei padroni e dei sindacati , se poi neanche quelli son bastati a salvare un’azienda e dei posti di lavoro?! E perché protestare per avere riconosciuti dei diritti umani (e il diritto a campare onestamente è uno dei primi in assoluto!) ha raggiunto queste esasperazioni? Non so te, ma io sto cominciando da qualche tempo ad auspicare il ritorno di certi personaggi ‘decisionisti’ , di quelli che spazzavano via un po’ di merda secca arroccata alle poltrone che purtroppo decidono sulla sorte altrui. Qualcosa va fatto davanti alla cementificazione del diritto al lavoro, e anche se non credo che questa sarebbe una soluzione forse potrebbe dare il via a certi sommovimenti di riscatto e scatto d’orgoglio, orgoglio sì, quello che ci è mancato in questi anni di piegamenti inutili. Come lavoratori non siamo ancora riusciti a rimpiazzare questa classe di governo corrotta, assieme ai sindacati compiacenti e inutili, ai quali va tolto il consenso con effetto immediato. Ci andrebbe una ribellione focosa, di quelle anni ’70 da far tremare polsi e chiappe a chi intende schiacciarci ancora; farlo adesso e subito, che abbiamo temporeggiato fin troppo, poiché: E’ tanto colpevole un popolo che guerreggia quando vi sono premesse di pace quanto uno che non fa un cazzo quando è tempo di prendere in mano i bastoni. (Sarò romantica, ma spero che riparta tutto proprio da qui ).
Un bacio, Bibi.
Condivido in pieno, ciao Erri, sono un compagno di LC Torino
la morte sul lavoro,dovuta a incuria e indifferenza,anche di un solo operaio,è dolore e vergogna per tutta una comunità.Oggi i figli di quella _misura del progresso_,perduta
anche quella,si trovano in altre disperazioni,altre trincee.Non hanno tute blu e spesso neanche camici bianchi.Spesso sono soli come cani.Ma allora che cosa è la modernità?Forse un camminare a zig-zag?un po’ a tentoni?sicuramente,in questo occidente fragile
ma ancora vitale,non sarà più Sisifo a indicarci una direzione e tu, Erri,lo sai molto bene.
Che l’immaginazione ci soccorra………….
Amedeo e Salome’.
felice di incontrarvi
spesso in questo
spazio così ospitale
siete due giganti
divertenti e sapienti
mescolate ironia
immaginazione
pensiero………
Non è poco visti i tempi
un abbraccio nina
Dolcissima, Nina, sono commossa, però senza la sua poesia, in questi tempi mercantili, il resto resterebbe di poco conto, davvero. Un abbraccio anche a lei e a presto su questa via eterea. Salomé.
Ps:Amedeo, che “vo'” o no fa’ l’americano, dica grazie a Nina, con la sua consueta galanteria partenopea! A presto e col sorriso, Amedeo, mi raccomando? Salomé