Si dice che le bambine giocano a far le madri e i bambini ai soldati. Li vedo invece giocare intensamente e seriamente alla vita, come i cuccioli che in ogni loro mossa si addestrano e si allenano.
Le guerre li sballottano da un posto all’altro, senza giocattoli nel bagaglio profughi. Mentre gli adulti crollano in un pianto loro guardano intorno rasoterra per vedere se arrivano altri bambini o un cane oppure un uccello. Di colpo si addormentano nel loro sonno a forma di fortezza.
Certo, nell’immediato piangono di paura per le esplosioni e per contagio della paura espressa dagli adulti, responsabili della loro protezione.
Nel ghetto di Varsavia i bambini procuravano cibo ai genitori infilandosi nei cunicoli che portavano all’esterno, dove per contrabbando e per elemosina rimediavano qualcosa da portare a casa. Rischiavano la morte in uscita e in entrata.
E quando s’ incamminarono dall’orfanotrofio verso i vagoni destinati a Treblinka, sfilarono in silenzio, in fila per cinque, tenendosi per mano.
Nella guerra della ex Jugoslavia i bambini più piccoli, più magri attraversavano i campi minati per raccogliere ciliegie da vendere o da portare a casa.
Per cibo basta loro il pochissimo che invece stronca le taglie superiori.
Quando fanno il gioco della guerra muoiono cento volte. Possono spiegare loro ai grandi che cos’è questa baldoria infame, detta sommariamente guerra.
E sopportano tutto. I traumi infantili ben descritti dalle psicologie diventano i loro incubi ricorrenti e perciò sigillati. Sono la traccia asciutta di un numero tatuato sul braccio.
Sottomessi a lavoro in officine, in bar, in bancarelle sostengono bilanci familiari.
Mi erano coetanei gli scugnizzi scalzi attaccati fuori dei tram, in questua dietro ogni soldato americano.
Arruolati di forza come soldati, hanno imbracciato armi grandi quanto loro, costretti ad ammazzare, perché altrimenti uccisi.
Annegati nei naufragi come profughi, respinti come adulti contro il loro diritto di essere accolti. Vedo in tutti loro una forza naturale di combattimento.
Vassilij Grossman nel suo racconto “Il vecchio maestro” ne ha dato la più potente immagine, che qui non riferisco, invitando così a cercarla per scoprirla.
Oggi più di un milione di bambini sono in viaggio di allontanamento dal paese in guerra.
Non sono fragili, sono il punto di forza, di diamante dell’uscita in esilio, l’avanguardia che apre tutte le porte. Davanti a loro si apre in due il Mar Rosso.
Leggo nel Talmud che è il frutto a proteggere l’albero.
Ciao Poeta, sto cercando di immaginare cosa stai vedendo in questi giorni, ma non ci riesco. Più guardo cosa ci arriva attraverso i media, più leggo notizie, più mi viene da spegnere tutto. Unica cosa, non riesco a smettere di pensare che sei troppo vicino a quest’altra schifezza umana. I bambini a cui avete portato aiuti, quelli rimasti vivi e che raccolgono i giocattoli distribuiti sui ponti, è come se ci accusassero tutti. C’è da vergognarsi a guardare la carta d’identità, per questi figli come per altri che hanno pagato le superbie delle età adulte. Torna presto, mi viene solo questo da dire. Bibi.
Cher Erri, les fenêtres que vous ouvrez, les lumières que vous allumez sans répit sont bienfaisantes, n’en doutez jamais. oui, il me plait à penser que le fruit protège l’arbre. Prenez soin de vous.
Se posso attraverso questo blog, condivido una ninna nanna che Laura Scipioni, una maestra di scuola elementare di Viterbo, ha messo in rima dedicata ai bimbi di Ucraina.
E a tutti i bimbi che hanno come scudo, sulla testa, una centrale nucleare, forse l’unico confine invalicabile a quel che di umano resta in un piccolo dio, a protezione di questo tempo piccolo.
“Ninna nanna sotto le bombe,
gallerie che son culle e son tombe,
Apri gli occhi e sei già sotto terra,
non spaventarti, piccina, è la guerra.
Niente fiocchi sulla tua culla,
niente coperte, qui non c’è nulla,
ma c’è un seno pieno d’amore
che ti accoglie senza rumore.
Ninna nanna, fai sogni belli,
sogna che tutti siano fratelli,
sogna di un mondo senza confini,
con liberi uomini, donne e bambini.
Sei piccola luce, sei grande speranza,
ti auguro Pace ed è già abbastanza.”
È proprio così…
Complimenti grande Erri