Giovedì 14 ottobre sono entrato nell’aula bunker di Rebibbia per il processo ai quattro agenti dei servizi di sicurezza egiziani accusati di rapimento, torture e assassinio di Giulio Regeni ( febbraio 2016).
Ho ascoltato la requisitoria del pubblico ministero che riassumeva la sequenza di ostruzioni, sabotaggi, crimini commessi dai servizi segreti e dalla magistratura egiziana per proteggere i responsabili del delitto.
È durato un’ora e mezzo l’agghiacciante elenco di abusi, silenzi, omertà subiti dalla magistratura italiana alle prese più con un’associazione a delinquere, che con la corrispondente magistratura di uno Stato.
I governi italiani hanno permesso lo scempio della verità e l’umiliazione dei nostri organi inquirenti, ridotti a elemosinare invano perfino la restituzione dei vestiti di Giulio Regeni.
Il processo nell’aula bunker non è potuto cominciare per difetto di notifica del procedimento ai quattro imputati. È l’inverosimile dettaglio dell’impotenza dimostrata dai governi italiani nelle relazioni con lo Stato egiziano, presso il quale è regolarmente in servizio il nostro ambasciatore. Basterebbe ritirarlo in esigente attesa che le autorità egiziane comunichino i recapiti dei suoi quattro funzionari, in modo da poter procedere alla notifica del procedimento.
Neanche questo è alla portata del governo italiano, per ottenere il rispetto dovuto al cittadino italiano Giulio Regeni, ricercatore universitario assassinato a Il Cairo.
Il nome Egitto evoca le piramidi e il turismo sulle sponde del Mar Rosso. Prosegua pure indisturbato, ma lo spensierato turista italiano sappia che se gli succede qualcosa, non sarà protetto dal nostro governo.
Chi decide quella mèta metta in conto lo sbaraglio.
La verità su Giulio Regeni si trova laggiù, tra i mandanti e i sicari finora impuniti. Ma i regimi crollano e le impunità con loro. Ovunque si nascondano, gli assassini sanno che anche per loro arriva il secondo tempo della clessidra rigirata.
La causa della famiglia Regeni è causa comune dei cittadini italiani.
È agghiacciante.. È umiliante.. È inverosimile questa continua tortura che si abbatte su Giulio e la sua famiglia.
Io abito a Gorizia e li ho conosciuti e incontrati più volte, Paola Deffendi e Claudio Regeni.. Sono forti e coraggiosi nel perseverare nella ricerca di verità e giustizia per Giulio, con il sostegno del loro splendido avvocato Alessandra Ballerini, della staffetta mediatica e di tanti privati cittadini come me che cercano, come possono, di tenere alta l’attenzione.
Mi chiedo cosa possa fare io di più, in concreto..
Banalmente, quasi mi vergogno di dire che l’altro giorno, golosa come sono di melograni e avendone trovati di bellissimi al supermercato ma provenienti dall’Egitto, li ho ricollocati nella loro cesta facendo notare al commesso che non avrei acquistato niente proveniente dall’Egitto.. È un granello, anzi.. Un piccolo arillo
Simonetta