La dottrina cristiana dichiara peccato originale l’atto di Eva e poi di Adamo di attingere al frutto della conoscenza di bene e di male, malgrado il divieto divino.
Da lettore ho l’impressione opposta, che non di peccato si tratta, ma di virtù originale.
Compiuta la trasgressione si manifestano due effetti immediati: occhi spalancati, dunque un’espansione della percezione e l’inaudita scoperta di essere nudi, sconosciuta a ogni specie animale. Da lettore leggo in questi fenomeni un affrancamento dalla natura stessa.
Il recinto del giardino di nome Eden è improvvisamente scaduto, non può più contenere la coppia modificata dalla conoscenza.
La definizione di paradiso terrestre, sconosciuta al testo che si limita a giardino Eden, è uno stadio iniziale dell’evoluzione.
Conoscere, distinguere, sperimentare bene e male (senza articoli davanti, esclusi dall’originale) è passaggio obbligato della specie umana, rinnovato in ogni generazione.
Senza il gesto di Eva si dovrebbe immaginare l’indefinita prolunga dentro un giardino d’infanzia.
La narrazione affida alla donna la forzatura del divieto. Lei sa di rischiare la vita, perché tale è la conseguenza minacciata. Eppure forza il limite e s’inoltra nell’ignoto delle conseguenze, spalancando così la via della coscienza.
Spetta alla figura femminile inaugurare la storia della libertà, la cui conquista richiede un atto di disobbedienza, rischiosa virtù originale della specie umana.
Occorre, secondo me, tornare all’osso del racconto: “Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine… maschio e femmina li creò” (Gns 1, 27)
Destinati pertanto a replicare le sue caratteristiche, la conoscenza anzitutto.!
La cronaca che viene dopo, relativa al comportamento di Adamo e di Eva, non è un icidente di percorso, ma la presa di coscienza dell’essere diversi dal tutto il creato; capaci di relazionarsi tra loro, capaci di discernere il bene e il male.
Non per nulla, superando la narrazione dell’autore della Genesi, Dio stesso conclude: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi… ” (Gns 3, 22).
Certo, avere consapevolezza di sé, agire in proprio e in uno spazio indefinito, comporta l’assunzione di una responsabilita’ totale, compresa quella di eventuali errori. Ma è proprio questo il significato di essere lìberi.
E la libertà la si gusta quando sene ha coscienza: “Si aprirono allora gli occhi di ambedue e seppero di essere nudi” (Gns 3, 7). Ebbero piena co sapevolezza del loro essere e del loro divenire!
Che il primo gesto di questo complesso percorso di autcomprensione e di rottura di uno “spazio” chiuso o comunque limitato, la Genesi lo ascriva alla donna, basterebbe a rendergli onore per semore!
In più, da Eden si esce insieme, Eva è Adamo!
Merci Erri ! Belle et juste réflexion
Sono d’accordo!