Sulla nave Prudence di Medici Senza Frontiere c’è una buca per lettere. Se qualcuno degli ospiti recuperati dai gommoni lo desidera, può lasciare un messaggio. Viene distribuita carta e penna. Prima hanno ricevuto uno zainetto con una tuta, un asciugamano, barrette ultra energetiche, succhi di frutta, acqua.
Leggo la posta lasciata. Alcuni scrivono il loro nome, senza paese, età, soltanto il nome, forse per affermare di essere persone.
Qualcuno scrive ringraziamenti e benedizioni ai salvatori.
Qui di seguito riporto la lettera di uno che ha voluto scrivere qualcosa di se’. La traduco dal francese.
” Sono Moussa Balo Taourí, di Liberia, ma sono cresciuto in Guinea Conakry. Sono venuto su un battello. Mio padre è stato ucciso nel 2004 in Liberia. Nel 2012 mio fratello è andato a vedere che ne era della nostra famiglia, ma sono stati tutti uccisi. È stato a causa della guerra. Noi siamo ‘malince’ i musulmani di Liberia. È un gruppo sempre perseguitato. Per questo mio padre è stato ucciso. Mia madre si è suicidata.
Sono partito nel 2015 per andare in Libia. Sono stato messo in prigione per un anno e due mesi. Si stava in un sotterraneo, duecento persone. In prigione si vive da animali, siamo picchiati. Si mangia dove si fanno i bisogni. Ci veniva dato un pezzo di pane qualche volta nella settimana. Sono riuscito a fuggire e arrivare a Tripoli. Ho lavorato sei mesi da operaio e con quel po’ di soldi risparmiati sono riuscito a imbarcarmi. Non so nuotare, ho avuto paura. Ieri quando vi ho visto dal battello, ho pensato che non sarei più morto. Ora domando protezione per vivere da uomo libero in Europa”.
Mi sono permesso di non tradurre tutto. L’uomo che ha scritto queste righe è tra quelli che ho visto salire a bordo da una scala di corda, scalzo come tutti gli altri. Sbarcato a terra gli hanno preso le impronte digitali, fotografato di fronte e di profilo come nelle formalità carcerarie. Ora sta in qualche centro simile a un campo di concentramento.
Signor Moussa, spero che tu abbia fortuna. Quanto a benvenuto, non ne riceverai uno migliore di quello che hai avuto a bordo della nave di Medici Senza Frontiere.
Erri
Grazie, Medici senza frontiere, il mio cuore piange e gioisce. Dio vi benedica sempre e voi benedite Lui.
oggi primo maggio auguri a chi il lavoro ce l’ha
e a chi lo sta cercando in questo vasto mondo.
Qualcosa cambierà.Camminando e cantando
canzoni che sembrano strane, per sentieri diversi
ci dimentichiamo di essere tutti terrestri,ognuno
coi suoi sogni e bisogni che vengono da lontano.
Allora cittadini d’Italia d’Europa del mondo
diamoci una mano ovunque siamo.
La terra è nostra,ma solo per poco,siamo mortali
Non lo dimentichiamo.
Guardo a quel tatuaggio come alla conversione, al passaggio, di una vertigine in un bisogno di ascolto: un’emozione che affiora chiede di essere riconosciuta. Che il contatto sia vissuto e ne diventi parte.
Intanto io mi affido alla moderazione, sospettando insight non richiesti, quanto molesti. Me ne scuso. È una verruca.
Erri ,comunque,impariamo da loro,amiamo la vita
Caro Erri,
ti ho visto sofferente ieri sera, molto provato. Ho visto le lacrime affiorare. C’è molto dolore nel mondo, e noi, che nella possibilità di cambiare il mondo abbiamo creduto, adesso siamo soli. Non ho mai creduto nel Movimento 5 Stelle, la mia storia personale me lo ha sempre impedito: troppa superficialità, troppa arroganza, troppo disprezzo; nessuna distinzione tra destra e sinistra, nessuna visione di una società diversa,
Nonostante tutto, il bene non viene mai meno. Accolgo ogni frammento di bene, di cui anche tu fai parte, come si accoglie l’acqua nel deserto. E provo gratitudine.
l’ ingenuità di una certa (ex?) sinistra
d’antan…..
smetterà mai di stupirci?
eppure se la sinistra smettesse la sua vocazione alla scissione e a disperdersi
come sabbia nel deserto,saprebbe tracciare sentieri percorribili e non elitari.
Sveglia allora , i tempi sono cambiati..
..
Il profilo che Moussa Balo Taouri espone dà profondità all’identità di chi lo accoglie. Forse è questa la stella sotto cui Moussa spera di riposare? Noi non conosciamo la nostra storia.
caro signor Moussa noi ,i fortunati,le uniche impronte digitali le lasciamo in questo spazio con questi inutili simbolini accanto ai commenti che facciamo.
Le auguro di nuovo buona fortuna.La fondazione ha la mia mail ,l’autorizzo a chiederla se fosse in molto serie difficoltà.
Leggere storie come questa, e chissà quante altre non saranno conosciute, mi fa apprezzare ciò che ho e anche vergognarmene, perché non ho fatto nulla per meritarlo. E quando sento dire (sovente purtroppo) “basta, non ce ne stanno più, rimandiamoli a casa” mi vergogno anche per gli altri.
Una domanda alla Fondazione: Possibile che sia così difficile aprire questo blog?
Sono io l’imbranata? Grazie.
A volte non ci rendiamo conto di quanto le nostre opinioni, anche quelle più “pensate”, si basino solamente su ideologie di qualunque tipo e non sulla realtà delle cose. Leggere una lettera di uno di questi migranti ti fa dimenticare qualsiasi ideologia di destra, di sinistra, di centro che tu possa avere e immagino che vederli di persona, salire, indossare una tuta, pregare su una di quelle navi amplifichi questa sensazione di inadeguatezza che provo davanti alla realtà di quanto scrivi. Mi vergogno di continuare a fare la mia vita, mentre nel mio stesso mondo accade ciò. Sarebbe utile che ognuno di noi possa essere a bordo di queste navi almeno una volta nella vita. Sarebbe davvero utile perché forse cambieremmo il modo di dare il nostro consenso e anche quei cialtroni che ci rappresentino sarebbero costretti a inseguire voti mettendo in gioco la parte migliore di se’ e non la peggiore come fanno oggi perché oggi il consenso è bestiale e non umano.
mentre ascolto la Settima di Beethoven e penso che senza musica sarei una povera disgraziata( e senza molte altre cose cosiddette superflue) penso al signor Moussa e alla sua forza.Alla sua potente vitalità.Forse è questo che ci spaventa,che spaventa,noi donne e uomini, così sempre ben lavati e puliti,nelle nostre case dove non_ si mangia dove si fanno i bisogni_vien da ridere pensando ai nostri pulitissimi bidet in cui si potrebbe tranquillamente mangiare.Il signor MOUSSA fa un ripasso di ciò che è stato.Di ciò che
erano e sono i musulmani in Liberia.Ricorda il padre e la madre.Conti dolorosi.Racconto doloroso,Ora spera di vivere da uomo libero in Europa.Lo spera anch’io con lui.
Il signor Moussa mi insegna che
la vita non va presa con le molle
ma con le dita,tenuta stretta finchè
riusciamo a pescare con l’amo,
ogni giorno, qualcosa che può sembrare
arcano.Ma è semplicemente ciò che
proviamo, ciò che sentiamo prima di
passare la mano
Il poeta della mia vita mi invita ad
anticipare ogni addio come se fosse
alle mie spalle per andare avanti
per incontrare i tanti,
i tanti che ancora non conosciamo.
Buona fortuna signor Moussa a te che hai trovato le parole per farci conoscere la schiavitù dei musulmani in Liberia e a tutti gli altri che parole ancora non hanno.
Ciao Erri, bentornato su terraferma . Non credo ci sia altro modo di conoscere questa situazione se non viverla in prima persona. Anche riportare questa testimonianza, io lo so, tu lo sai, non sarà sufficiente a scardinare le porte che l’Europa vuole chiudere in faccia a tutti i pezzentoni del mondo; e sono certa che le chiuderebbe anche agli italiani se mai dovesse capitare qualcosa di serio qui, visto che , come parte di questo corpo europeo, già ci considerano il buco del cxlo. Diamo fastidio anche noi, col nostro rifiuto a respingere gli immigrati e con l’esodo di disoccupati ben vestiti che infiliamo nelle capitali ancora promettenti. Ma siamo i prossimi pezzentoni, per ora ancora tollerati. Non voglio dilungarmi come al solito …che mi vergogno. Ti dico allora solo un grazie particolare per essere andato di persona a vedere cosa succede, per aver aiutato e soprattutto: Perché non dimenticherai, ne’ lascerai nell’oblio le storie di vite a rischio che ti sono passate tra gli occhi. Kiss, B.