Ci troviamo a Ferrara, Fausto De Stefani, Mauro Corona e io a parlare di mani. Fausto, alpinista in Himalaya, le ha fotografate nei suoi viaggi e ne ha fatto un libro pubblicato da Montura. Insieme ne parliamo nel cortile di Palazzo Crema.
Quando tocca a me dico che le mani sono la migliore carta d’identità. Raccontano quello che abbiamo fatto e commesso. Mi spiace che lascino impronte, perché molto di più le raccolgono e ricordano le impronte delle impugnature, degli usi: arnesi da lavoro, armi, posate, bottiglie, carezze.
In un periodo della mia vita le ho avute così ruvide nel palmo da poter accarezzare solo col dorso. Non sono stati i piedi, ma le mani a darmi la distanza dal tempo e dalle persone. Quando erano ispessite, s’ispessiva pure la distanza. Uscendo da un turno di cantiere, di fabbrica, le mani di noialtri se ne stavano scariche, assorte, ancora gonfie e si riconoscevano dalle altre. Perciò qualcuno le teneva in tasca.
Da ragazzo scrivevo con urgenza e furia. M’irritava la lentezza della mano che non stava dietro al flusso di immagini, pensieri. Tentavo una stenografia di abbreviazioni che non bastava. Rileggevo dopo qualche tempo e buttavo via. Poi gli anni dei mestieri operai mi hanno insegnato il rispetto delle mani che mi procuravano il salario. La scrittura imparò a fare altrettanto, a seguire l’andatura e il ritmo della mano. Le frasi prendevano la durata del respiro. Mi accorsi che non buttavo via. La mano ora decide il flusso del racconto e lo dirige. Scrivo ancora su quaderni a righe, ne ho un buon sacco. Sono il mio album, meglio delle fotografie mi fanno sapere chi sono stato.
Queste parole sono un atto di gratitudine alle mani. Stringere quella di una persona vale per me più di un saluto, comporta una verifica immediata. Stabilisce un’intesa o una distanza.
Erri
Patti Smith
Naturalmente
Because the night…..
Per non dimenticare…..
Ineffabile Valeria…
Il lavorare, il fare (con le mani), è “centratura” rispetto al pensiero dell’universo. Sinestesia! Hic ora et nunc… labora: pensiero creativo che si fa empatia.
Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare in te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.
R. M. Rilke
le mani più belle sono quelle che sanno dare,poi,congiunte,ringraziare la grazia
di poterlo fare.
Non so quante penne e matite e fogli ho avuto tra le mani, non so quante ne ho strette, ma so con certezza, quando me le guardo, quanti lavori ho fatto già. Ho i miei anni, e avendo iniziato presto a lavorare sono loro a ricordarmi quanto ho già fatto e dove, visto che la memoria inizia a far finta di niente… E’ vero che gli utensili conservano l’impronta che gli diamo, e a questo punto mi chiedo quanto è rimasto su quelli del primo lavoro da operaia (una piccola azienda dolciaria), tra coltelli , spatole e vaschette d’acciaio, tra bacinelle e casseri di plastica… e chissà se toccandoli oggi loro mi riconoscono … o no. Poi cambiai, e le mani , portandosi dietro qualche offesa del primo lavoro, raccontano oggi tanto di scopettoni quanto di computers, tanto di bilanci e documenti quanto di lavori pesanti. E in mezzo, tutti i lavori di casa che a voi ometti è spesso consentito di evitare. Delle mani , delle mie, manca il tocco di mamma che non sono, anche se sui piccoli di casa hanno quella pretesa nelle carezze; è una finzione che non offende però, loro sanno quando ritrarsi ancor prima che intervenga una prudenza necessaria. E sanno farsi avanti con i pugni nelle giuste cause… Tu hai scritto l’Elogio dei piedi, cosa che a nessuno era venuto in mente di fare finora 🙂 . Sulle mani hai fatto però molti riferimenti, ( quando le rileggo mi viene in mente il testo di Eduardo De Crescenzo e canticchio ), non le hai mai scordate e questo è un omaggio bellissimo, al pari degli altri. Concludo confidandoti un piccolo segreto delle donne: è vero che noi guardiamo degli uomini molte cose, ma tra quelle che apprezziamo di voi sicuramente le mani lavorate stanno tra i primi posti. (Io, di certe fichette che hanno perennemente le mani intonse da qualsiasi fatica, poco mi fido. Prima o poi ti chiedono lo smalto trasparente, e allora lì è finita!) Perciò, spero tu abbia imparato a camminare senza mani in tasca, perché le donne apprezzano molto chi sa spendersi onestamente per campare. Un bacio, il tuo turacciolo. <3
…….nei capelli……bucate……d’oro……pulite……sporche……sacrileghe……insanguinate……svelte……legate……nella merda……delicate……ruvide……per gli orgogli di anna……per le madri di valeria……così piene di dita……scariche assorte gonfie urgenti e furiose……((per questo concerto di parole e a venire))……sui tasti poi……pindariche……oniriche :: https://www.youtube.com/watch?v=qXpGzzVpLPM&list=RDlxt3JUThx9Y&index=2
Mi chiedo se gli amori passano veramente….no se uno ha un buon carattere li conserva tutti o quasi nella mente.
Intarsi sciarade….ineffabile:firmamento
Ineffabile erri
Intarsi e sciarade con un pernazzo.
101 Storie Zen
-Ora mostrami il suono di una sola mano-
Hanno bisogno di due mani aperte ad ogni evenienza e di quel ticchettio di sottofondo che fa da metronomo.
I miei pensieri seguono il ritmo del respiro soltanto quando possono attraversare la tastiera di un pc. Si richiudono, invece, in un pugno quando cerco di catturarli con la penna. Sulla carta planano, arrivano come onomatopee, basse, in libera direzione si aggrovigliano in ghirigori gotici. E non mi assomigliano per niente. Non assomigliano nemmeno a quello che avevo intenzione di dire. Mi sfuggono e ormai non li inseguo più.
La dattilografia mi ha concesso un metodo per coinvolgere emotivamente anche la metà di me che usavo soltanto come “dama da compagnia” a quella destra. (da “Storia dell’emancipazione della mano sinistra”, che vi saluta, di Valeria Dell’Anna)
Speranza filo d’erba calpestato ,quando la gioventù si allontana.È una virtù che ha bisogno d’esercizio.
Ci vuole metodo determinazione costanza.
Ma irrobustisce il cuore
Su una mano il ricordo di mia madre che impasta, cuce, ricama… Non so se sapesse che sull’altra mano avesse un peso, per me, riuscire ad esprimere e dare forma a qualcosa di ugualmente affettuoso come le polpette.
Ultimamente mi adeguo ad una parte dell’umanità: un pollice strisciante è la misura minima conquistata, che la separa dalla meta. Più il pensiero è vicino alla bocca e più diventa minimo. Si riposa anche la parola. Come pane in lievitazione.
leggo queste parole e mi ci ritrovo come in uno specchio.
nostalgia e insieme ammirazione
Grazie anche se non la conosco.
Carmen
Grazie a lei, Carmen. Forse la nostalgia è quell’ingrediente che rende condivisibili i ricordi.
La mia nostalgia
Non ai politici di allora
Bel libro( a proposito di musica nuova)-Diavoli custodi-……….amare il prossimo come se stesso.
……e poi nell’eredità cristiana è un imperativo.Amarla non è il voler bene……
Credo che il Vangelo sia un buon viatico per la vita se lo si legge attentamente,
e qui l’attenzione deve essere perfetta perchè ogni parola ha un peso.
E’ un parlare così semplice e potente che con lentezza lo assimila la mente.
Il cuore può capire prima se non porta carichi pesanti di troppi dover essere
che rendono il giogo faticoso
Chi è il mio prossimo?Parabola del buon samaritano,un’amica che sta male e soprattutto colei o colui con cui mi intendo.
Sì ,tutto quello che incontro è la mia vita.E le gabbie libiche?Le lasciamo agli incubi notturni?
Rimpiango la consapevolezza d’antan……….
Sono orgogliosa delle mie mani. Hanno scritto un sacco di fesserie e fatto e disfatto un sacco di cose. Pranzi bruciati, maglie modello esclusivo e tutto l’arredamento pronto per lo sfratto appena finito e poi non entro in altri particolari. Le mani di M non le dimenticherò mai, si muovevano a ritmo di musica. Chissà lui cosa ricorderà delle mie mani. Forse quella bruciatura che avevo… Sto divagando…
Erro ho letto “Il giorno prima della felicità ” Grazie di averci ridato le 4 giornate. E poi dicono che al sud non c’è stata la lotta partigiana! Ciao.
Oggi hai belle e orgogliose mani.
mani da pianista
bella la foto
un pianoforte con tanti spartiti
pronti a far uscire musica
nuova e ancora e ancora
Le mani parlano di noi e per noi.A volte,
come segni di interpunzione,
accompagnano il ritmo del nostro dire,
le pieghe del nostro sentire.
A volte sono disarmate come soldati in fuga.
A volte diventano il luogo dell’intendersi ,meglio della parola.
L’ultima volta che ti ho visto avevi tra le mani una penna bianca.
Oggi penso che nei ritorni della vita non si arriva mai al punto di partenza.
OGNI COSA nel frattempo si è spostata lasciando come traccia
un filamento di lumaca o una scritta a matita su un foglio,un po’ sbiadita,
che qualche volta ancora si può leggere.Raramente è il filo di seta
che il baco avvolge su se stesso.
Accade solo quando l’anima piange i suoi sospiri negli angoli d’ombra.
Vero. Da come mi sento stringere la mano comprendo l’affinità o la distanza. Più che dallo sguardo o dalla parola. La mano non può recitare.
Stringo la mano e guardo negli occhi che, insieme, mi fanno intuire chi ho di fronte.