Imparo da Diego che i camosci in inverno amano il vento forte e le valanghe. Quando le cime vengono spazzate dal vento, affiora il suolo e si scoprono ciuffi d’erba. Lo stesso succede sulla china spellata dalla corsa della valanga. La neve copre la loro fonte di cibo, allora per i camosci ogni spazzata è buona e si possono incontrare sui pendii scorticati.
Dove si scatenano forze distruttrici, si muove anche la spinta della sopravvivenza.
Nella recente cerimonia di insediamento alla presidenza degli Stati Uniti, Biden ha citato un suo poeta preferito, l’irlandese Seamus Heaney. A contrasto delle continue disperazioni della storia, scrive:
“ Ma poi per una volta nella vita
la desiderata onda di marea
della giustizia può sorgere di nuovo
e speranza e storia fanno rima.”
Dopo quattro anni di arroganza e di sopraffazione contro natura e contro le povertà, di incitamento al razzismo, ecco che si può intravedere la repressa onda di marea della storia di ritorno con la sua rima alternata a rifornire il serbatoio delle speranze.
Non si può prevedere se la nuova amministrazione sarà all’altezza delle energie di cambiamento suscitate. Il danno accumulato ha retrocesso gli Stati Uniti nella graduatoria del mondo, lasciando che l’epidemia dilagasse da loro su scala di decimazione.
La storia attraversa cicli da marea oceanica. Quella degli Stati Uniti sta ripartendo dal punto più basso. È rappresentata dalla strana coppia formata da un anziano vicepresidente di Obama e da una giovane vicepresidente figlia di immigrati. Sono entrambi vice di una forza maggiore.
Nel Salmo terzo si legge che la divinità solleva la testa dell’uomo. A volte lo fa anche la storia, quando si muove su scala di pianeta.
Concludo questa nota con un proverbio dei nativi americani: ”Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli”.
Stralcio due partite da “Il lupo e il filosofo” di Mark Rowlands, per definire in nuova unità la posizione dei figli che saremo, al netto della “fallacia dell’egoismo” tipica della specie scimmiesca a cui apparteniamo.
[…] La speranza è il venditore di auto usate dell’esistenza umana: così amichevole, così plausibile. Ma non puoi contare su di lui. Ciò che più importa nella vita è il te stesso che resta quando la speranza è svanita. Il tempo alla fine ci porterà via tutto. Tutto quello che abbiamo acquisito con il talento, l’operosità e la fortuna ci verrà sottratto. Il tempo ci porta via la
forza, i desideri, gli obiettivi, i progetti, il futuro, la felicità e perfino la speranza. Qualunque cosa possiamo avere, qualunque cosa possediamo, il
tempo ce la porterà via. Ma ciò che il tempo non potrà mai portarci via è chi siamo stati nei nostri momenti migliori. […]
[…] Una vita vissuta nel calore rosato e nella
dolcezza della speranza è quella che ciascuno di noi sceglierebbe, se potesse. Saremmo pazzi, se non lo facessimo. Ma la cosa più importante quando arriva il momento – e il momento arriva sempre – è vivere la vita con la freddezza di un lupo. Una vita del genere è troppo dura, troppo rigida e noi potremmo solo avvizzire. Ma arrivano momenti in cui siamo in grado di viverla. Sono questi momenti che ci rendono degni perché, in conclusione, è solo la nostra sfida che ci redime. […]
Bellissimo scritto. Emozionante. Grazie!
Abbiamo bisogno del vaccino della speranza; il mondo appunto come “laboratorio di possibile salvezza” (Ernst Bloch). Cerchiamo di fare la nostra parte…Tu la fai già, grazie Erri – gigi