“Giardino chiuso, sei, sorgente sigillata”: oggi queste parole rivolte all’amata non sarebbero intese come un complimento. Eppure appartengono al celebrato Cantico dei Cantici (Shir Hashirìm nella sua lingua madre).
Iscritto nel canone sacro dell’Antico Testamento, manca del nome della divinità, presente in tutti gli altri testi. Una tradizione ebraica vuole che sia per questo il più sacro dei libri. Lo si legge in sinagoga durante la festa di Pèsah/Pasqua.
Giardino chiuso: l’amore per l’amata arriva al massimo timore di essere da lei esclusi, fuori dal giardino recintato. È la tensione che rende il sentimento inesauribile, ardente per sgomento di abbandono. In amore nessuno si dia per titolare garantito. Non servono promesse, giuramenti. Non si ha il diritto di recriminare: ”Ma tu mi avevi detto…”.
L’amore si rifonda ogni giorno, la sua dote di affetto, protezione, tenerezza si consuma perciò fino all’esaurimento. E solo così può ricostituirsi: dopo essersi donato per intero. Ogni risparmio di cura, di premura, ogni inerzia lo guasta. Non segue la legge dell’economia, del dare/avere, del capitale in banca. Segue la legge della manna nel deserto, che durava solo quel giorno. Se conservata, marciva. L’amore non dato, non versato, prosciuga il giardino.
Dirsi: ”Ti amo” è necessario come il buongiorno, da ribadire a ogni risveglio.
Non si è amati una volta per tutte, ma giorno per giorno. Non ci si contenta del proprio amore verso la persona amata, che va intensificato dal rinnovo.
Perciò l’amante scongiura che non sia chiuso per lui il giardino, sigillata la sorgente.
Da lettore del Cantico imparo che l’amore lì scritto è incandescente, la massima energia del corpo umano. Come il roveto ardente del Sinai, intravisto da Mosè, brucia senza esaurirsi. Gli abbracci sono perciò il più valido sistema di riscaldamento.
Non ho l’usanza di festeggiare l’amore nel giorno di San Valentino, insufficiente ricorrenza. Mi impegno a celebrarlo ogni giorno.
Iscritto nel canone sacro dell’Antico Testamento, manca del nome della divinità, presente in tutti gli altri testi. Una tradizione ebraica vuole che sia per questo il più sacro dei libri. Lo si legge in sinagoga durante la festa di Pèsah/Pasqua.
Giardino chiuso: l’amore per l’amata arriva al massimo timore di essere da lei esclusi, fuori dal giardino recintato. È la tensione che rende il sentimento inesauribile, ardente per sgomento di abbandono. In amore nessuno si dia per titolare garantito. Non servono promesse, giuramenti. Non si ha il diritto di recriminare: ”Ma tu mi avevi detto…”.
L’amore si rifonda ogni giorno, la sua dote di affetto, protezione, tenerezza si consuma perciò fino all’esaurimento. E solo così può ricostituirsi: dopo essersi donato per intero. Ogni risparmio di cura, di premura, ogni inerzia lo guasta. Non segue la legge dell’economia, del dare/avere, del capitale in banca. Segue la legge della manna nel deserto, che durava solo quel giorno. Se conservata, marciva. L’amore non dato, non versato, prosciuga il giardino.
Dirsi: ”Ti amo” è necessario come il buongiorno, da ribadire a ogni risveglio.
Non si è amati una volta per tutte, ma giorno per giorno. Non ci si contenta del proprio amore verso la persona amata, che va intensificato dal rinnovo.
Perciò l’amante scongiura che non sia chiuso per lui il giardino, sigillata la sorgente.
Da lettore del Cantico imparo che l’amore lì scritto è incandescente, la massima energia del corpo umano. Come il roveto ardente del Sinai, intravisto da Mosè, brucia senza esaurirsi. Gli abbracci sono perciò il più valido sistema di riscaldamento.
Non ho l’usanza di festeggiare l’amore nel giorno di San Valentino, insufficiente ricorrenza. Mi impegno a celebrarlo ogni giorno.
“E’ bello metterti al centro
della mia vita
senza che ti allontani
dal centro della tua vita”
Franco Arminio
Eppure…
attraversati da questo Foco, la conoscenza del mistero della Fonte inesauribile è possibile in ogni dove, dove inizio e fine confluiscono nell’amato e nell’amata. Metafora che ritorna come un bacio sulla sua bocca, sigillo di ricerca infinita. E sarà sempre così.
che sia un fiore che profuma per tutti, e non un cuore che batte per uno/a solo/a?
Dirsi: ”Ti amo” è necessario come il buongiorno, da ribadire a ogni risveglio.” AAAAAHHHH! CAXXO, l’ha detto! Sono anni che critico “il lanciatore di coltelli”, una riflessione scritta dall’uomo che a una certa altezza dell’età non vuole esporsi, e che finalmente vedo che se n’è andato. Tesò, quelle due parole sono tutte, vanno buttate in aria come le monete per le fontane, lanciate come coriandoli a carnevale e come il riso ai matrimoni. Buttati a seme, che poi qualcosa cresce sempre. Sono così contenta di non aver avuto torto su questo: TI AMO , ci vuole coraggio a dirlo, duepallecosì! Perché l’amore vuole parola, quella che fa crescere quel giardino, intimo di due e di nessun altro. E’ giusto che ci vada solo la neve e che nessuno ci metta piede oltre gli amanti.
Incantata……
Inesauribile l’amore e la parola – grazie Erri – gigi
“L’amore si rifonda ogni giorno… Non si è amati una volta per tutte, ma giorno per giorno…” Quanta antica e duratura saggezza questo ‘Cantico dei Cantici’, grazie per la tua traduzione e straordinario commento.
Beata..
Trovo il commento di Erri De Luca molto appropriato, anziatutto perchè evita di entrare direttamente nel merito delle polemiche sollevate dall’intervento di Benigni al Festival di Sanremo, intervento che ha avuto il pregio di parlare di un libro della Bibbia nel contesto di uno spettacolo per sua natura banale e superficiale.
Ma cos’è questo amore che genera emozioni accentuate, al limite dell’incontrollabile? Che porta all’estasi per senso di appagamento? Che fa temere?
………………….
Non sarebbe meglio un amore che genera gentilmente apertura ed empatia, rispetto e cura…..e non timore ed euforia alternativamente? Che si fonda sull’integrazione e sulla stabilità, senza atti aggressivi di possesso e rifiuto?