Mio cugino Mario mi trasmette ricordi ricevuti da nostra nonna Emma sull’epidemia detta Spagnola. Tra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo, che allora ne contava due miliardi circa. I conteggi allora non erano puntuali né ossessivi.
Fu una influenza virale, colpì giovani e adulti con esiti polmonari.
Fu chiamata Spagnola perché per prima ne accusò contagio la stampa dell’unico paese non sottoposto a censura militare, poiché neutrale.
Le condizioni di una guerra di trincea favorirono il virus, trattato da comune influenza. I paesi in guerra proibirono l’informazione per non demoralizzare il fronte interno, e non ci fu prevenzione.
Il bisnonno napoletano Luigi Starita impose invece la più stretta reclusione alla sua famiglia, che restò segregata per mesi. La sua autorità escludeva obiezioni. Con quella misura lui, la moglie e i figli uscirono illesi. Per grazia ricevuta offrì un diamante alla Madonna di Pompei, dono tuttora esposto.
Era ricco, notizia giunta fino a noi in forma di aneddoto e di leggenda, depurata di ogni sostanza. Figlie e figli di Luigi Starita dilapidarono alacremente il patrimonio, tra le due guerre.
Rileggo a distanza di anni un grosso libro. Accosto una lettura di molte centinaia di pagine a un periodo difficile. Si combinano tra loro e alla fine mi capita di ricordare il malanno con il titolo di un libro.
Rileggo perciò: ”Le avventure di Augie March”, di Saul Bellow, ambientato a Chicago nella prima metà del 1900, già letto durante una convalescenza. Mi imbatto in questa frase: ”Qualcuno deve mettersi al di fuori della legge e della consuetudine e parlare per conto della natura. È un pubblico dovere, addirittura, affinché le convenzioni sociali non ci inghiottano tutti”.
Un secolo fa quel mio bisnonno non poteva immaginare né sapere che le epidemie sono conseguenze della frenetica attività umana e della sua pressione sul pianeta. Oggi è evidente.
L’epidemia smetterà, come smettono anche le guerre. Ci si incontrerà di nuovo, ci si chiederà che fare. Servirà qualcuno che parli: ”per conto della natura”.
Mi accontenterei che, dopo questa esperienza comunitaria a livello mondiale resa possibile dalla frenesia nei contatti umani grazie a mezzi di trasporto più veloci dei propri piedi, nessuno arroghi più a sé stesso il privilegio di un colloquio privato con la natura ma ne condivida altrettanto freneticamente i contenuti con i restanti rappresentanti dell’umanità.
No… Non è vero: non mi accontento soltanto di questo, dopo aver rimesso in discussione il senso del mio limite, la mia patria e le mie libertà per contrastare il “diritto” tutto naturale – fin dalla nascita – per un virus di moltiplicarsi.
Io pretendo che tutti si possa avere accesso alle migliori cure che ognuno di noi riserverebbe a sé stesso e ai propri cari, se solo potesse. Perché il rispetto, per tutto ciò che è al di fuori di quella piccola cosa che racchiude l’essere umano, passa dall’essere stati “pazienti”. Di se stessi, principalmente. Ragionare del bene e del male secondo quanto la natura ogni giorno dice e fa, invece, mi fa sentire poco essere umano. E questo non mi fa stare bene. Ma proprio per niente.
Nella mia famiglia, operaia e di modestissime condizioni, morirono le due gemelle ragazzine di 11 anni ed uno zio. Le mie anziane zie mi raccontavano il dolore di queste morti, la disperazione del momento e la fame. Tredici figli, quindici bocche da sfamare, sono cresciuta con un senso di parsimonia nella vita che mi ha sempre aiutato. Cerchiamo di trovare parsimonia e lentezza in questi giorni che ci possono portare insieme alla sofferenza grandi insegnamenti. Grazie Erri
La mia bisnonna mori’ nel 1920 a 26 anni di Spagnola, il bisnonno era medico, un professore, ma non pote’ nulla per salvarla. Si racconta che colpi’ soprattutto le giovani donne, peccato non si sia approfondito, la guerra copri’ tutto.
Tra i tanti meriti di Erri De Luca vanno ricordati i testi letterari e poetici, interventi giornalistici che da sempre fanno del rispetto della natura uno degli necessari; difesa degli alberi, uso “razionale” dell’acqua pubblica, rispetto del suolo e dei territori…
Grazie Erri per questo scampolo di storia e di saggezza. Sì, credo proprio che bisognerà ritornare a scuola della natura, insegnante severa che aiuta la maturazione di tutti. A presto, sani e liberi tutti, con Nicoletta che riabbraccia la primavera…gigi
Caro Erri la natura durante l,epidemia prende il sopravvento e questo mio isolamento forzato è scandito dal canto dei passerotti, in una città soffocata dai rumori è una sorpresa commovente poterli sentire di nuovo.