Leggo l’Odissea di Nikos Kazantzakis, vasto poema sui viaggi di Ulisse, immaginati dopo il rientro a Itaca. Salpa su un legno insieme a una ciurma di marinai disposti a seguirlo in capo al mondo.
È un’opera grandiosa scritta nella prima metà del 1900. Conta 33.333 versi, numero ottenuto con il doloroso taglio di circa diecimila versi. Alcuni poeti si infliggono mutilazioni.
L’Ulisse di Dante viaggia verso occidente, supera Gibilterra e si perde nell’Oceano.
Kazantzakis lo indirizza a sud, in Africa, a risalire il Nilo e proseguire oltre.
Leggo i versi nella traduzione di Nicola Crocetti con spirito di maratoneta che porta da Atene la fiaccola accesa da deporre a Roma.
Le restrizioni dell’epidemia mi hanno istigato a letture solenni. Scandiscono il tempo a ritmo di fasi lunari. L’Ulisse di Kazantzakis è inattuale. Siamo contemporanei di viaggiatori scaraventati a catapulta fuori dalle patrie, perseguitati da sbarramenti accaniti. Stride per attrito con loro il viaggio dell’eroe zingaro di mari e di terre, senza destinazione.
Le miriadi arrivano al Mediterraneo, ultima salita, Ulisse lo lascia alle spalle. Opposto ai profughi, viaggia per non fermarsi.
Ha deposto gli dèi: ”Dio è come argilla tra le mie dita, io lo creo”. Per i naufraghi invece è il solo appiglio.
Da lettore ammiro Ulisse, come Sindbad, Marco Polo, Chisciotte. Da cittadino invece ho sentimenti di fraternità per chi nel viaggio è stato trascinato dalle forze maggiori che lanciano le vite allo sbaraglio, come semi su un campo, attecchiscano o no.
Ulisse ha un nome conficcato nei poemi, gli altri hanno perso il loro nelle fosse comuni.
Da lettore aspetto chi scriva il poema delle loro Odissee.
What a beautiful affirmation to know that one of my favorite authors, is reading one of my favorite authors. Buona lettura… ci vuole almeno un anno per leggere L’Odisseo di Kazantzakis. Time well spent though.
Caro poeta, una cosa di Odisseo in tanti anni in cui ti propinano film, opere cinematografiche, revisioni letterarie l’ho capita: non lo lasciano in pace. Nessuno vuole che la sua storia finisca a Itaca, c’è sempre qualcuno che riesuma la storia e ne fa altro… Due anni fa per un esame bastardo ho dovuto fare a sberle con i Conviviali di Pascoli. Anche lui! Anche Giovanni Pascoli, il poeta del fanciullino, del nido e della sottigliezza dell’atto sessuale rivisitato in botaniche presenze, ha preso Ulisse e ne ha fatto un povero sfigato che non vuol morir vecchio al fianco di una donna che fila la lana. Una lettura difficile, ottocentesca, raffinata sì, al punto che in molto pochi si possono avvicinare senza aiuto. E così, per capire da quale verso prendere questo libro e come giustificare il destino barbaro che Pascoli ha voluto per l’Ulisse vecchio, ne ho fatto la prosa! (… su sommo incazzamento del professore , costretto a leggere qualcosa che lo avrà certamente impegnato… ma è stato cordiale lo stesso). Non reggo alle rivisitazioni di personaggi così belli… Ulisse dà fastidio. E’ un rompicoglioni, uno che torna dopo vent’anni e dopo aver fatto guerre, trombato in giro, preso per il culo gli dei e i venti ed essere scappato mille volte alla morte, arriva a casa e pretende che la moglie non l’abbia smollata a nessuno… e ci arriva proprio sul punto che si verifichi. Rivuole la sua patria, la sua casa, la sua vita di prima; vuole che la sua fama lo accompagni e si sbarazza dei proci con la facilità che solo un dio ha… ma Ulisse siamo noi, che non vogliamo vedere il difetto di superbia pure se ce lo abbiamo davanti. Con tutti i difetti del mondo, ognuno di noi è Ulisse che sbaglia strada e parola, che si affida troppo alla propria forza ma poi si rende conto che ha bisogno degli altri. Ulisse è umano, se ne rende conto ma non nomina mai la parola ‘scusa’, per non perdere l’ultimo pezzo di dignità che gli rimane dopo aver fatto uccidere tutta la sua ciurma per colpa della sua superbia… Va lasciato così, come Omero o chi per lui lo aveva immaginato: un uomo pazzo di vita che non merita di finire tra altre mani, quelle sì: superbe di un percorso che non hanno capito o non accettano. Un bacio tesò, w gli Ulisse testoni ! Abbasso le rivisitazioni <3
E menomale che, almeno negli ultimi tempi, qualcuno si è accorto che esisteva ed esiste Penelope…
Grazie Erri, quel nuovo poema lo stai già scrivendo, con l’attenzione e la perizia che dedichi ai tanti sofferenti di oggi.
Buone letture e azioni! gigi
Meravigliose parole, Erri, le tue…tutti dovremmo sempre ricordare Ulisse, il mitico eroe che ci ha insegnato le traversie di chi resta lontano dal paese natio, dalla famiglia, dagli affetti; di chi, con la saggezza e, talvolta, anche con la vendetta, lotta per poter riprendere in mano la propria esistenza.
Gli uomini che dovremmo oggi sostenere e aiutare, sono solo in apparenza il contrario di Ulisse: costretti a lasciare le loro terre, lottano, come l’eroe omerico, con tutte le loro energie, contro il destino, per tornare un giorno nei loro Paesi.
Stupefacente che il nostro “premier”, si complimenti oggi con il governo della Libia che avrebbe, secondo lui, aiutato a salvare i migranti. Chi non conosce la disumanità del trattamento riservato in Libia ai migranti, lì trattenuti in carcere e privati di ogni diritto umano? Da anni si parla di questa vergogna. Ma lui dov’era prima? Dov’è oggi?
Forse su un altro pianeta, costruito dalla sua enorme fantasia….