La vergogna è una bruciatura interiore e lascia una cicatrice permanente. Si può dimenticare un amore, la cima raggiunta di una montagna, non una vergogna.
Non ruberai: così è scritto alla lettera il comandamento nella sua lingua madre. Implica il futuro: esisterà la tentazione e tu la estirperai dai tuoi gesti possibili. Giusto che si rivolga a un tu, e’ strettamente personale.
E’ un’esperienza che si presenta ai bambini e che può essere cancellata al primo colpo dal loro repertorio futuro.
Un mio amico racconta di quando’ era scolaro e andava a fare i compiti a casa di un compagno di classe. Rientrando a casa una sera, sua madre si accorge che ha in cartella una scatola di matite colorate.
“E queste da dove spuntano?”. Non erano sue, ma del compagno. La cena era pronta a tavola, ma la madre gli rimette il cappotto addosso e gli ordina di tornare a casa del compagno e restituire la scatola. Il mio amico obbedisce, patendo la più grande vergogna quando deve bussare in lacrime a quella porta.
Anch’io una volta da bambino, in casa d’ altri, mi affascinai di una lente d’ingrandimento, un oggetto mai visto prima. Con mia madre eravamo ospiti per qualche giorno di quell’appartamento. Non l’avevo portata via, ma l’avevo nascosta tra le mie cose. Mia madre se ne accorse e mi costrinse a restituire la lente al proprietario. Non bastava che la rimettessi a posto. Dovevo confessargli il furto e rimetterla nelle sue mani. Ricordo la smorfia di disprezzo di quel ragazzo più grande di fronte alla mia colpa.
Non ruberai: non dopo quella volta.
La vergogna è una bruciatura interiore e insegna a non riavvicinarsi al fuoco.
(Foto di Paola Porrini)
Qualcuno nascose tuta una parte del comandamento, lasciando solo “non rubare ” . Le parole continuavano e continuavano e Dio scrisse: ” non rubare a meno che tu abbia fame, a meno che tu debba sfamare i tuoi bambini, a meno che tu rubi a una banca che ti riappropri del tuo, a meno che tu rubi a una multinazionale, a meno che tu rubi al tuo padrone che non ti paga la giusta mercede. Ciò non è rubare ,ma è solo espropriare.
Mio padre argentino, figlio di due analfabeti della Galizia ( Nord ovest della Spagna) mi raccontò che un giorno si prese una patata dall’erbivendolo senza pagarla, la portò a casa contento.
Sua mamma gli disse che non solo doveva riportarla in dietro ma dargliiel in mano chiedendogli scusa, papá morto poco fa, uomo ancora timido e di pochissime parole lo fece perché mia nonna ( abuela Manuela) lo accompagnò di persona.
Me lo raccontò quando ero piccola, mettendo in evidenza l’onta subita ma la grandezza morale della sua mamma lavandaia che affiinché non lavorasse più il mio papà iniziò a l farlo lii a soli atredici anni.