In un’intervista la scrittrice americana Toni Morrison, premiata col Nobel, discendente di schiavi, ha paragonato il razzismo a chi si sente alto perché gli altri stanno in ginocchio.
Esiste l’impulso a dotarsi di una superiorità rispetto agli altri, con un sistema di competizione e di comparazione in ogni campo dell’attività umana. Ma quando si è a corto di qualunque argomento circa la propria superiorità, ecco che si può degenerare verso una presunta inferiorità di altri.
È un impulso a escludere. Così perfino il fatto di essere nati e cresciuti in Italia ma da genitori stranieri, istiga alcune parti politiche a negare la naturale cittadinanza. Potrà essere chiesta dopo i 18 anni senza garanzia di ottenerla, con la buona probabilità di trovarsi irregolare, anche se nato, cresciuto, residente e con studi svolti in Italia.
Negare diritti serve a rafforzare il falso sentimento di superiorità e di privilegio. È un disturbo della percezione e del conseguente comportamento. Andrebbe diagnosticato e seguito da trattamento medico.
Non ha niente a che vedere con la libertà di espressione, perché distorta da volontà di sopraffazione. Si manifesta in condizione di provvisoria superiorità numerica, perché il razzismo per sua natura è intimamente vile. Ha anche bisogno di essere incoraggiato dall’autorità, altrimenti si rattrappisce a brontolio.
Non è un virus, è una nevrosi, ma le sue manifestazioni vanno isolate e segnalate.
Atteggiamento paranoico tipico, quello di estraniare da sé tutto ciò che di sé non è desiderabile ed utile all’adattamento, quando profondi cambiamenti avvengono perché “costumi” consolidati non sono più vitali. Ma sono quel “costume” e la Persona, che lo indossa come fosse l’unico capace di rappresentarlo, a richiedere una compensazione, che riconduca quello che si è proiettato perché indispensabile a superare quel sentimento di indefinibile disagio. Superare è sempre stato, anche con questa accezione, un imperativo categorico.
La ragione avrà bisogno di operare con il sentimento e non di opporsi ad esso con atteggiamenti fanatici, né di sacrificarsi, per “comprenderlo”.
Detto questo (e non mi piace come l’ho esposto, segno che non mi sento portata ad esprimere i miei sentimenti con le parole), sono a favore dello Ius Soli. Certi modelli vanno aggiornati e rapportati ai fatti reali.
Queste parole sono la diagnosi di un medico di umanità che accerta la malattia e offre la cura.
Grazie a Erri De Luca.
marina farzini