Sdraiato all’aperto una sera d’estate lontano dalle luci, guardo in su e vedo cadere la semina delle scintille luminose. Di quelle più vicine sento il soffio. Vengono da una deriva in volo attraverso il vuoto dello spazio.
Di notte si vede che la terra si rinnova con la più antica materia dell’universo. Si fa fertilizzare dalle stelle. Guardo per aria e provo la confusa gratitudine dello spettatore. Riconosco la meraviglia degli astronomi a occhio nudo dell’antichità, la loro insonnia popolata di calcoli e figure animali tratteggiate da puntini luminosi. Videro orsi, cani, aquile, scorpioni, pesci, capre muoversi in girotondo. Dev’essere stata l’astronomia a dare alla persona umana la sua misura di granello nel deserto, di goccia a precipizio dentro una cascata. Predispone a un sentimento religioso.
Di giorno ci si sente di taglia superiore, di notte si è soverchiati dall’immenso.
Nel libro Genesi/Bereshìt, Giacobbe/Yaakòv sdraiato all’aperto, un sasso per cuscino, vede di notte una scala il cui primo gradino tocca terra e l’ultimo è invisibile nel cielo. Vede figure muoversi in su e in giù e stabilire il collegamento tra infinito e suolo.
Senza sentimento religioso, me ne posso accorgere in una notte all’aperto. Prima del sonno mi viene il ricordo dell’amico Paolo Sassone Corsi, studioso dei ritmi biologici del ciclo giorno/notte. Spiegava l’oscillazione del corpo umano tra le due attrazioni. In gioventù fu appassionato di astronomia, che è geometria applicata alla più vasta scala. Coi pensieri rivolti ai grandi spazi non fece caso ai segni del suo cuore.
Ora è cenere che si va a mescolare a quella delle stelle filanti di una notte all’aperto.
Si potrebbe raccontare di un personaggio sconosciuto che semina sui sassi, parte dei semi cade sui rovi, parte nel terreno fertile… Sarà per questo che un fiore nascerà sulle rocce, apparentemente fuori posto, ma quanto più accostato ad un genio compiuto.
Siamo cenere ed Almotasim secondo una legge universale.
Caro Poeta, tutte le volte che ti discosti dal “sentimento religioso” c’è un angelo che ride e da là, dalla sua bocca, nasce una stella. Si vede che, proprio come l’amore, ci sia bisogno di altri occhi per vedere quello che a noi non è chiaro. Per noi che ti leggiamo è tutto chiarissimo, se questa non è dote divina non saprei come altro chiamarla. (Mica è normale metter in fila certe parole 😀 … vabbe’) . “La terra, la campagna, si sente che se lo gode il buio” dicesti un giorno, parlando della tua casa di notte. Sì,si gode pure le stelle, come hai scritto, ma mica solo la terra … anche gli uomini lo fanno, e il fatto che non ne facciano più parte oggi non cambia di una virgola. Il tuo amico non è cenere che fa compagnia a quella delle stelle cadute, gli uomini non sono cenere, sono luce… quel che lasciamo è un abito in prestito. Alle stelle è dato di fare quel tuffo pirotecnico che qualcuno guarda dietro un ooooh, e poi dimentica. Agli uomini, anche se straordinario come Paolo, capita di andar via in sordina dopo una vita di fuochi d’artificio, ma tutti lo ricordano. Ma il bello è che se la stella ha finito là, l’uomo continua in altra dimensione. Del resto, come te le spieghi le stelle del cielo se non con le anime dei nostri cari che ci fanno luce nelle tenebre? Dio si diverte con te , ammmoremio, ti mette migliaia le parole nelle mani, nella bocca, negli occhi, tante quanto sono le stelle, ma quella di tre parole che lo compongono non le sai dire… dille tesò, che non si fa male nessuno (almeno la smette di ridere, che fa un casino…) TVB <3 … ma quando vieni a Torino? <3 <3 <3
Non vedo mai le stelle cadere, ma ogni estate fingo per togliere solennità a un rito ed esprimo per monelleria un desiderio farlocco.
Grazie Erri, che ci fai amare l’infinito, come…Giordano Bruno, neh!? Ciau gigi
Da poco ho cambiato casa, ora vedo il tramonto e ogni volta ringrazio l’universo.