Sono entrato in città cupe di fame nella guerra di Bosnia di venti anni fa. Scaricavamo i pacchi per famiglie censite nel viaggio precedente: direttamente a loro, senza intermediari, magazzini, ammassi. Ho visto la fame nella vergogna dei vecchi: ogni boccone ingoiato era uno in meno per un nipotino, una donna, un ammalato. Oggi sento da lontano la fame di Aleppo e mi chiedo perché non sono lì con quelli di Bosnia di venti anni fa. Mi do molte risposte.
La Siria è Asia, non si raggiunge con i furgoni che aggiravano l’Adriatico.
Nessun organismo di pace può agire in un posto dove un ospedale pediatrico diventa obiettivo militare e viene bombardato apposta.
Non possiamo aprirci un varco in mezzo a una tregua precaria, come allora: non ci sono tregue. Non possiamo consegnare i nostri generi di soccorso direttamente agli assediati, come a Mostar Est, Sarajevo e altre città sorelle. Sarebbero accaparrati da qualche milizia per diventare merce di mercato nero.
Queste ragioni non placano la fame di Aleppo e la mia impotenza. Ho conosciuto un mondo in cui poter intervenire insieme agli altri, un mondo a portata di mano da stendere, da stringere. Non è più così. Aderisco all’invito di due giornaliste per spedire denaro a un centro Francescano che opera in Aleppo da diversi anni. Non so che potrà fare questa sovvenzione a distanza, ma ringrazio chi sta provando a suggerire una mossa. Si è ristretto il mondo. Ci sono posti dove non si può più andare col proprio pacco e le quattr’ossa di persona. Oggi delego a una somma di denaro il viaggio, la presenza, il corpo a corpo tra la pasciuta guerra e l’affamata pace.
Erri De Luca
Sì, interessante agorà su chi avrebbe bisogno di un vestito, ma non lo chiede perché mettere a nudo la propria anima non è che il fine supremo, e chi non sa chiedere perché quel punto si è scucito dalla trama del “capo” senza il quale è destinato a non saper proporre se stesso in alternativa ad una polemica.
la poesia non placa le coscienze però interessante questa sorta di agorà. …
fa quasi sperare in un risveglio…..
Cara Ambra infatti
Erri non va a capo esteticamente ma
Poeticamente .
Il mio pensiero su
Ha visto
Non ha letto
In base a quel che ho visto ho pensato: che potenza avrebbe questo pezzo se queste righe avessero la scansione della poesia. Se lui si fosse accorto, secondo me, per me che deve permettergli il vestito del verso, trasformare questa prosa cosi come é in righe che vanno troppo spesso a capo
Ecco tutto.
Caro Amedeo
liricamente hai ragione
ma non c’è poesia
nel dramma di Aleppo,
la poesia ingentilisce
sdrammatizza
placa le coscienze,
non più vergogna per l’inerzia
ma solidarietà per la sofferenza.
Chi ha in mano il potere
sviscera i problemi
prospetta soluzioni
ma poi va sempre più
e troppo spesso a capo.
Prova a leggere
le mie parole SENZA
andare a capo,
le urla di dolore e di rabbia
saranno le stesse.
Il grido di Erri, la tua poesia,
il mio materialismo,
siamo tutti impotenti
sulla stessa barricata.
Trovo inconcepibile che nel ventunesimo secolo, in un mondo così tecnicamente evoluto, possano persistere tali situazioni di fame e sofferenza. Trovo inconcepibile che non si possa fermare questo scempio. Quindi ne deduco che non si “vuole”. Che qualcuno ne trae vantaggio o quantomeno ci prova. Abbiamo le vittime e i carnefici, avremo qualcuno che, prima o poi, metterà fine alla barbarie. E se ne prenderà tutto il merito.
Ho un buon sapone di Aleppo nel portasapone:
lo odoro ogni giorno
ma non lo consumo
per non contribuire alla sua disfatta
Per favore, Erri, puoi pubblicare i riferimenti per la donazione? Non ho grandi possibilità, ma mi piacerebbe contribuire. Grazie sempre. Leggerti fa bene al cuore e istiga a porsi domande spesso scomode.
Salve, puó trovare tutti i riferimenti su questa pagina Facebook: https://www.facebook.com/Napoli-e-Sorrento-per-i-bambini-Di-Aleppo-Emergenza-Siria-Aiutiamoli-827597004007943/?pnref=story
Saluti, Simona Orlandi Posti
Grazie di cuore!
Mi chiedo chissà se ci leggi…tesò, dalla Bosnia sono passati 25 anni, anche la guerra si è evoluta. E’ diventata ancora più vigliacca…ospedali crollati, droni. Anche la guerra rompe i coglioni, vogliono fare in fretta e senza testimoni. Mo’ magari prima era possibile portare aiuto con un camion, oggi l’evoluzione dell’aiuto umanitario passa dal bonifico bancario prima che da altri canali…fa lo stesso, purché arrivi una mano. Ma non essere amareggiato così però…25 anni fa la guerra era una. Oggi siamo circondati, il disastro ci lambisce, affogano e bruciano talmente tanti popoli che non sappiamo, crisi e Isis comprese, a chi cazzo la dobbiamo tendere prima. Si fa quello che si può…più qualche preghiera. ❤ tvb Bibiana
sto ringhiando di rabbia .
no, non bastano tre soldi.
caveremo i denti d’oro
agli abitanti di Aleppo poi?
no, non sono un’europea
perchè Europa è solo
un’espressione geografica
se ,con le mani in tasca e
il naso per aria,vagheremo
come anime morte,
indifferenti,nelle galere
delle nostre case o nelle
galere delle nostre strade.
Aleppo è anche la nostra prigione
che nessuno si illuda di cavarsela
così beatamente ,nessuno
pensi che tanto i conti torneranno
e che Aleppo sia poi così lontana…..
La passione della giovinezza ha contagiato i figli. Una nuova generazione si muove tra Europa e Africa, tra Europa ed Asia: sono i migliori, i più affamati di pace, di scambio di cibo, di cultura e di amore. Sono i meno considerati dall’Italia che gli abbiamo consegnato, e vanno via per forza da un paese patrigno che non sa garantirgli nulla. Intanto c’è chi bombarda i paesi dove loro stringono amicizie, piantano tende, fanno figli. Sfidano col sorriso questi momenti bui. E anche il Dio delle religioni sembra accanirsi contro di loro.
sono trascorsi anni dalla nostra giovinezza tanto abbiamo visto e alcune volte vissuto,
ma le speranze di poter cambiare questo mondo bello e infame, almeno per me sono
svanite, portandosi dietro la gioia. Pessimismo puro…..Spesso mi chiedo ma le nostre azioni piccole e spesso inutili fanno la differenza? Non saprei, bisognerebbe a scuola
e molti insegnanti quelli veri lo fanno dare ai giovani la capacità di giudizio, la famiglia,
se oggi si può usare questo termine per qualcosa che è completamente cambiato, deve assumersi
la responsabilità di fornire ai propri figli l’altro occhio. Potrei raccontare degli episodi
che vivo da madre con questa ragazzina apparentemente tanto borghese ma che
grazie a noi( ma anche alla sua sensibilità) che siamo solo madre e padre e agli insegnanti che non hanno paura e
che tentano con il loro lavoro di creare le persone che forse domani contribuiranno
a costruire non solo con le piccole azioni un mondo più degno. Grazie Erri
Sottoscrivo ogni sua parola.
Come sempre è stato, i genitori e gli insegnanti con le loro parole (e l’esempio soprattutto) posso determinare un futuro migliore, molto di più rispetto a quanto fanno i militari e i politici oggi.
“Fortunato colui che dal cielo ha ricevuto un tozzo di pane e non deve ringraziare nessun altro al di fuori del cielo stesso” (Don Chisciotte)
Perché, pensavo, un tozzo di pane non potrebbe essere altrettanto intelligente e diretto quanto la parola o una bomba?
ma anche così Aleppo è più vicina,ci riguarda.
anche così è un resoconto_che cava gli occhi_
le immagini alla lunga producono indifferenza
le parole ,ancora,passione per il mondo.
penso questo mentre un altro ospedale in Pakistan è stata fatto saltare per aria
Allora,
La tua volontà ė un costante atto di onestà a tutto campo: esperienziale (brutta parola ma tant’è) e linguistico narrativio.
Il viaggio,
Sono entrato in città cupe di fame … Ogni boccone ingoiato era uno di meno per un nipotino, una donna, un ammalato.
La presenza,
Oggi sento da lontano la fame di Aleppo … Queste ragioni non placano la fame di Aleppo e la mia impotenza
Il corpo a corpo,
Ho conosciuto un mondo in cui intervenire insieme agli altri … Il corpo a corpo tra la pasciuta guerra e l’affamata pace.
… e va bene
Ma
Per cortesia
Ripeti tutto
Com’è
Ma
Con segni che vanno troppo spesso a capo, grazie.
NO. Erri non voleva fare del dramma di Aleppo una creazione estetica!
Nello stile salmodico di Erri De Luca, è un sentire l’altro che si fa preghiera. Senza segni di interpunzione che separino la scena intima del ricordo dalla realtà contingente. E la preghiera si fa dialogo. Non soliloquio.