Si chiama solstizio il punto di maggior differenza di durata tra luce e notte. Il sole raggiunge a mezzogiorno il punto più alto della parabola a picco, l’ombra di un corpo in cammino si riduce al minimo.
Per questo e vari altri giorni a ridosso, i miei orari di risveglio e sonno non mi fanno frequentare il buio.
I turni di lavoro notturno di una settimana mi facevano sentire il carico supplementare delle stelle che orientano i destini e della luna che sposta le maree. La notte era una zavorra da scaricare all’alba.
Nelle notti d’estate in montagna in qualche bivacco all’aperto ci facevo pace. La colonna verticale dell’aria sul corpo disteso mi dava l’impressione di stare sopra un piatto di bilancia che mi registrava il peso netto, senza il lordo del lavoro di carico e scarico.
Ho malinteso la notte. Nei solstizi di giugno ci ripenso.
Non avrei potuto occuparmi di astronomia. Però mi fa piacere sapere da lei che l’idrogeno è il gas più diffuso dell’universo, senza bisogno di chiedermi come fa a saperlo.
È lo stesso gas che sta dentro le cellule del corpo, in quelle della carta, dell’inchiostro, nelle righe pensate mentre le sto scrivendo.
Che bello, con te é di nuovo scuola.