Ho cominciato a tradurre pagine circa mezza vita fa. Mi spingeva un’adesione alla lingua originale che non trovavo rispettata. Si trattava niente di meno che del libro detto Bibbia. Salmo 105, dove si ripercorre in sintesi l’uscita dalla servitù in Egitto e l’avviamento nella libertà che è a forma di deserto. Al verso 39 si legge della divinità che “distese una nube per proteggerli”. Traduco invece alla lettera: ”stese una nuvola come un tappeto”. Non c’è il verbo proteggere. La nuvola a forma allungata stende sotto il sole un’ombra che è un tappeto. Nell’uniforme paesaggio del deserto serve al popolo in marcia il segno di una direzione. La nuvola non è un riparo dal peso del sole, è invece la guida del cammino. Questo è anche il valore d’uso della scrittura sacra: non un ricovero dalle intemperie, ma il percorso per affrontarle. Restaurare un frammento, spolverarlo: la traduzione mi ha permesso di sentirmi parte del giardinaggio che rinnova la manutenzione di un pubblico spazio dove s’incontrano le generazioni.
Condividi
“Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.”
(Rainer Maria Rilke)
“Restaurare un frammento, spolverarlo: la traduzione mi ha permesso di sentirmi parte del giardinaggio che rinnova la manutenzione di un pubblico spazio dove s’incontrano le generazioni… ” : simile all’arte del restauro con l’oro, come nel Kintsugi (una tecnica terapeutica che ho usato per elaborare un lutto ai tempi del Covid, mi si perdoni l’assonanza con un mio fatto personale!)
Le tue opere sono anche igiene mentale. Fanno sentire bene anche fisicamente. Sarà che per me ripristini il rapporto tra significante e significato. Ancora grazie Erri
Erri ogni volta mi commuovi