Una piccola fiera letteraria in Francia, una delle prime che m’invitava a fare la presenza di scrittore. Non conoscevo persone e non attaccavo discorso. La sera nell’albergo un uomo con i capelli bianchi tutti sul posto sedeva su uno sgabello davanti alla tastiera di un pianoforte e suonava, forse Chopin.
Beveva qualcosa di robusto e piangeva senza singhiozzi. Mi avvicinai, mi disse il suo nome, uno scioglilingua che avrei imparato a stento, Predrag Matvejevic. Era nato a Mostar. Che coincidenza: in quegli anni novanta andavo spesso a Mostar, zona est, mussulmana, di lá dal fiume.
Mancava da molto tempo, ne aveva notizie tristi. Io ne avevo fresche di peggiori. L’ospedale distrutto dove si ricucivano ferite di granate lasciando le schegge nei corpi, senza anestesia, a lume di candela, nel seminterrato. Un medico venuto volontario da Belgrado eseguiva miracoli sudando.
Sapeva che non c’era più il suo ponte di pietra bianca da dove ragazzino si tuffava.
Meglio esserci incontrati tardi: non mi sarei buttato da quel davanzale per quindici metri dentro la schiuma verde della Neretva.
Così ho conosciuto Predrag Matvejevic e sua moglie Mira. Abbiamo fatto sera insieme molte volte, erano tutte buone.
A Sarajevo, finito l’assedio, siamo saliti in collina una sera d’estate, a bere. C’era Izet Sarajlic, c’era Ante Zemljar, cantavano con Predrag in italiano :
“Non ti potrò scordare piemontesina bella
tu sei la sola stella che brillerà per me”.
Izet l’aveva imparata da un soldato italiano, un invasore, Ante da un compagno di lavori forzati a Goli Otok. L’oste aspettò che le voci non avessero più canti, per chiudere.
Le canzoni mischiano le culture, le cucine pure. Predrag si è occupato a lungo del pane, un suo gran libro ne percorre la biografia. Ha voluto bene al pane, lo cercava come biglietto da visita di una città incontrata per la prima volta. A me piace assaggiarne l’acqua di una fontana.
Siamo stati amici. Lui ne ha avuti molti, io no. Perciò si vede grande, il pezzo che si è perso in questo puzzle di facce che si va svuotando.
Erri De Luca
Non è politicamente corretto far
riferimento ad articoli dell’Unità?
Strano.
Sull’Unita’
Giovanni Maria Bellu
–Parole sbagliate—
A Salvini- -dargli dello stronzo ,anziché
del fascista–
parole esatte.
Chi ha orecchi,intenda.
e ancora stiamo aspettando che passi al senato la legge che tutela le bambine e i bambini,le ragazze e i ragazzi in fuga da paesi in cui la vita non è più vita ma solo
orribile macello……
certo c’è ancora il senato……
Erri ma a volte come erri…..
ho letto in questo momento che a Mosul
c’è un parco fatto apposta per i bambini
lì vengono esposte le loro teste……
decapitate
Viene in mente la mappa di Borges così precisa,
Così precisa doveva diventare ma
-Migliaia di molecole di sabbia….-
Il mondo cambia continuamente e noi con lui,
Cambiano i confini cambiano persino i ricordi,
i nostri e quelli altrui,si perdono amici amori,
si perde energia,i passi diventano più esitanti.
Non solo per i poeti.Ma non col passo dell’oca
si va avanti……
-Ma insieme la notte,l’alba,il giorno….-
parola di poeta ,voglio credergli
Buona domenica a tutti soprattutto a te
Tappino torinese
Oh boja faus! Tra tutte le canzoni italiane, napoletane, che potevano imparare , proprio ‘Piemontesina bella’? 😀 hahahaaaaaa, Erri: è la rivincita dei polentoni! Certo che son strani i poeti… uno che attacca il pane, tu che assaggi l’acqua delle fontane delle città che visiti. ( Mì no mì! Mì l’hai da beivi ‘vin! E diàu! Non c’è niente come un bicchiere di vino a rivelare il gusto di una terra che ti ospita… e rivela pure la maestria di chi l’ha fatto. Poi, ma solo poi, quando ho mischiato l’aria straniera con il retrogusto di un bicchiere d’uva, prendo in mano la matita…anche se scrivo per diletto). Mi pare che i poeti abbiano un piede su un ponte e l’altro su terraferma, indecisi se oltrepassarlo o se tornare indietro, sensazione di ricerca costante. Ti devo un po’ tirar le orecchie Erri… è vera l’immagine de “il pezzo che si è perso in questo puzzle di facce che si va svuotando.” E’ anche vero che ci sono altri tasselli, nuovi e altrettanto belli che, se vuoi, possono ricomporlo. Bacini.
Riflettevo con mia figlia sulla frase di un pittore espressionista francese, Maurice Vlaminck:
“Ho fatto ciò che ho potuto, ho dipinto ciò che ho visto”.
Poi il dolore mi ha portato a leggere Pascal,
ragazzo delizioso che ha sempre voglia di
scommettere e allora ,pensando agli infiniti
spazi,Rilke mi suggerisce
-Getta dalle tue braccia il vuoto
agli spazi che respiriamo;forse gli uccelli
nell’aria più vasta,voleranno più intimi voli.-
Forse ….parola tra le più umane che sento
profondamente mia
Forse in sottofondo bombe…..
Fraternita’ che va sgretolandosi nel bel puzzle delle amicizie e dei ricordi. In sottofondo bombe.
Anni addietro ho letto di un libro di Predrag Matvejevic, la bella presentazione mi ha forzato a cercarlo, un bel faro in copertina mi ha convinta. Ho talmente faticato a leggerlo che forse è tra i rarissimi libri che non ho terminato. L’ho regalato in biblioteca. Ho anche un libro di poesie di Izet Sarajlic, con l’introduzione di Erri. Mi piace tutto, la storia, la persona, quello che di lui dice Erri. Ma le poesie non riesco ad apprezzarle. Il libro questa volta lo tengo comunque con me, chissà che sia questione di tempo. A volte penso di ricercare quell’altro. Cercare di rileggerlo. Eppure mi dispiace, ci penso e mi sembra di perdermi qualcosa di importante, che solo non riesco a capire.
E se li hai profondamente amati
continuerai ad amarli scoprendo
In te un coraggio che non sapevi
di avere,forse ultimo dono elargito
In sovrabbondanza,un di più che
è pura grazia,qualcosa che dura
fino alla fine dei tuoi giorni,qualcosa
che non ti farà temere i terrori
delle notti e dei giorni a venire.
Fino al silenzio nostro fratello negletto.
Pedrag ha insegnato qualche anno all’Orientale di Napoli ha lasciato a Napoli molti amici e ricordi, a volte è passato dalla librerie più per chiedermi notizie che per libri…
Le buone sere con gli amici,ronde di notte,mescolate ai canti ,alle tragedie
collettive e personali,la nostra storia
le storie degli altri,la grande storia subita
nonostante noi ,spettatori attoniti e attori
refrattari…..questo un pezzo del secolo
che abbiamo alle spalle.Ora si cammina,
storditi e un po’zoppicanti,un po’ più soli,
Incapaci di riempire i vuoti che ci hanno lasciato
gli amici che non ci sono piu’.Poi succederà …una sera o un mattino ci troveremo dentro a un loro gesto, a un loro modo di dire diventato nostro…e per brevi momenti torneranno con
noi a consolarci a ridere di noi a sorridere insieme a noi…loro che la sanno ora molto
piu ‘ lunga di noi….
Condivido in pieno, Eles.