Per cibo: la manna prodigata a pioggia nel deserto, è assegnata con questa precisazione.
Certo, serve a sfamare, perché aggiungere: per cibo? Perché non se ne deve fare commercio, accaparrarla per rivenderla. Non deve avere valore di scambio, ma valore di uso. Perciò se conservata per il giorno dopo, marcisce.
La scrittura sacra ha per me lettore il valore d’uso della manna. La raccolgo ogni giorno al risveglio, la consumo come una porzione. Il suo gusto mi rimane in bocca per altre ore ancora e qualche parola antica continua a rigirarsi nella bocca.
Da lettore, la scrittura sacra ha valore di uso. Non di scambio: non la porto al mercato, non la metto sul banco del giorno per ricavarne la frasetta oroscopo. Non aggancio la sua antichità al carretto della giornata in corso.
Si consuma senza residui una intimità tra i versi capitati e i miei pori.
Così rispondo alla domanda: a che ti serve?
Nei risvegli, a testa chiusa e vuota, irrompe nel cranio l’Ebraico antico, vento in una stanza che scompiglia, arruffa, spolvera le ciglia. Entro nel suo deserto, nei suoi luoghi senza geografia visitabile, mi aggiungo alla schiera degli innumerevoli che in ogni epoca hanno aperto le stesse pagine, staccandosi dal loro tempo per leggerne un altro.
È concreta manna: ogni mattino assume un gusto differente. Anche lo stesso verso, ripassato a distanza di tempo, trasforma il suo sapore.
Non posso consigliare l’uso. La scrittura sacra, che preferisco non chiamare Bibbia, è un incontro bisognoso di occasioni e circostanze. Gli incontri non si possono raccomandare. Quello che per me ha valore di manna, per un altro può essere incommestibile.
A me offre il lasciapassare in un tempo di origini e di esordi. Non riguarda il desiderio del passato: l’avvenire del fiume non sta dov’è la foce. L’avvenire del fiume è alla sorgente.
Ringraziare voglio il divino
labirinto degli effetti e delle cause
per la diversità delle creature
che compongono questo singolare universo,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l’acqua sciolta,
per l’algebra, palazzo dai precisi cristalli,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare senza uno stupore antico,
per il mogano, il cedro e il sandalo,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per l’arte dell’amicizia,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra.
per quel sogno dell’Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per l’oro, che sfolgora nei versi,
per l’epico inverno,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
per due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per la musica, misteriosa forma del tempo.
(Da “Poesia dei doni”, di J. L. Borghes)
Cercandomi sedesti stanco
Iniziare il giorno con quel vento che irrompe nelle stanze e che scompiglia le nostre teste vuote,è un modo per affrontare il mondo,a volte così desolato e ,nonostante tutto,
così bello.E’un modo per affidarsi a un vento che non finirà di soffiare fino alla fine del mondo
Quanto è vero! Parole piovute dal cielo da raccogliere e gustare è la sacra scrittura. Ma la manna non è tutta uguale. Forse nemmeno le parole sacre. Una è speciale, non marcisce. Quella del venerdì. Riuscire a raccoglierla è gran cosa. È così preziosa che una è ancora tra noi, da qualche parte nel mondo, assieme a tavole di pietra e bastone fiorito in attesa di essere ritrovata.
Leggo le parole di David Grossman su -Repubblica- di oggi.
-Ma quando Israele conquista e opprime un altro popolo per cinquantun anni creando una realtà di apartheid nei territori occupati,questo posto diventa molto meno casa-
E sì,l’avvenire del fiume non sta dov’è la foce,l’avvenire del fiume è alla sorgente.
Sai Erri,amo la sobrietà della tua vita,così lontana dalla mia.Ti sei conquistato la lettura dell’ebraico antico strappandola alle ore di sonno-una vita quasi monastica-.Le tue sono parole prensili che si attaccano direttamente all’anima: come una carezza ruvida e gentile che raschia la pelle dura che cresce ,spesso,quando si incontra il male di vivere.
La manna-non deve avere valore di scambio-.Fa pensare poi a lungo ai nostri giorni e a quelli di sempre.Dal deserto parole profetiche
Come per i dialetti, chiunque si prenda pena di pronunciare una lingua antica o di scrivere una storia con quella e tirare l’elastico del suo tempo, la salva di fatto da un baratro di dimenticanza, sopra il quale finiscono i pattumi di luoghi comuni e brutture linguistiche che non trasmettono niente, se non mode dismesse. Ciao , salvatore di lingue antiche, di posti e personaggi altrimenti dimenticati. Non sei tanto diverso da Averroè, una lingua come pane da condividere è un buon commento a paragone, lo scambio di saluto da balconi lontani. Baci, mio poeta <3
La scrittura sacra come sorgente.Una sintesi meravigliosa.Grazie.
Ascoltando gli U2.A proposito di fedeltà d’amore.I miei spiriti animali ne hanno bisogno e non solo quelli.Il rock salvezza e dannazione di intere generazioni
Un angolo di fiume in una bella città,
una vecchia canzone,un verso di
scrittura sacra o di poesia e siamo presi
da incantamento.Non ha nome lo struggimento
ci attraversa le vene e scorre dappertutto.
Sono le vie interne del cuore che percorriamo
ovunque siamo,vere nostre dimore.
Sono le pazzie della fedeltà d’amore.
E invece contravvenendo ad ogni logica, utilità, bene e Comando l’uomo usa la Scrittura insozzandola di paura, arrivismo, manipolazione, ricatto e sacrosanta ragione del dolore.
Io credo nel Creatore. Affatto nel mandato affidato ad un libro, benché in essi ci sia parte della nostra Verità. Clara Giovanetti
È come una scalata in solitaria.
Lo stesso viatico in riva al mare ha sapore di orizzonti condivisi e mai identici a quelli di chi ha immersi i piedi nel medesimo specchio d’acqua. È tutto in proporzione al proprio piede, ma è bello sentire cosa e come sente l’altro.
Da ragazzino provo rapporti di ambivalenza rispetto al “Tanak” (la sacra scrittura ebraica). Non riesco più frequentare i servizi in sinagoga. Dal secolo scorso il concetto di Dio interventista non ha senso, nemmeno le preghiere che riproducono il sistema sociale dell’età di bronzo, con il re dei re, I signori, I supplicanti, I servi e così via. Irrefutabile però un senso di trapassare “through the looking glass” a leggere la lingua ebraica, anzitutto perché va letta dalla destra in sinistra, e perché le forme vengono dalla preistoria, ma anche per la concisione poetica del linguaggio. Quindi, caro Erri, ti capisco quanto dici nel brano, che entri “nel suo deserto,” dove magari si trova un bellissimo e stupendo vuoto.
Forse per osmosi anche ciò che scrivi ha identica valenza delle letture con cui accogli le tue mattine.
Da lettrice, mi è impossibile descrivere cosa sono per me i libri di Erri De Luca. Nutrimento, se proprio devo scegliere una parola, ma non li presto, non convinco chi conosco a diventarne a sua volta lettore, sono a mio uso e consumo, esclusivo, non cedibile. Sì, come la manna, che ha funzione miracolosa di dono, senza prezzo e senza preciso destinatario, scende dal cielo per chi ne abbia bisogno per sopravvivenza e non per lucro.
Sorgente, anche, mi commuove scoprire che i suoi scritti finiscono come testi educativi sui banchi di scuola, danno una mano al futuro, non hanno età, e sono seme di condivisione e crescita.
Qualcuno ha detto-il futuro ha un cuore antico-
Così dalla sorgente arriva a noi l’acqua del lieto
messaggero che ci accompagna nella speranza dell’oggi,
che dà speranza anche a chi non crede,spesso.
La parola nutre come manna se la frequentazione diventa intimità,quindi fiducia la forma più alta di preghiera.Si cerca di vivere la vita come si può.La si cerca ovunque,negli amori ,nell’amicizia,nei libri.Anche nella noia.Dove la vita manca, non il dolore è il senso ritrovato ma il torpore che non è sonno e non è veglia ma limbo maleodorante e ingrato