Pubblichiamo questa poesia inedita della cara amica, la poeta Roberta Dapunt.
ascoltando Giorgio Gaber,
dedicato a Dio e a noiIo se fossi Dio,
richiamerei Giorgio Gaber, lo farei resuscitare.
Per fargli cantare che se io fossi Dio,
la terra ora me la vedrei da molto vicino.
Anzi, spalancherei gli occhi per guardarmi
uomini e donne, uno ad una a distanza di respiro.
Talmente tanto mi avvicinerei, da sentire nel mio stomaco
il loro pensiero, le loro preghiere a me rivolte.
Perché, io se fossi Dio per un attimo,
cos’è un attimo per Dio, diserterei l’amore,
mi interesserei di odio e di vendetta e molto del perdono.Io se fossi Dio, abbandonerei l’alto del mio trono
per scendere dritto nel secolo presente,
se fossi Dio darei molte lacrime in questo preciso istante,
dove si odia, e poi si ama, e si ammazza il nemico, anche quello che non sa di esserlo.
Ripudierei il terrorista che ammazza se stesso per un posto che non esiste.
Glielo direi! Che sì, a Dio i martiri non gli hanno mai fatto cambiare giudizio!Io se fossi Dio non sarei per nessuna ragione uno solo. Ma una moltitudine,
perché ogni essere umano sulla terra potesse essere
lui stesso un Dio amato per propria immagine e dignità.
Così chiameremmo Dio per nome, dalla sua nascita fino alla sua morte.
Non farei l’uomo migliore, ma ogni Dio migliore!
Non starei zitto ad ogni brutalità eseguita in mio nome,
restituirei con uno schiaffo, uno di quelli che ha la forza di un Dio,
perché come diceva Gaber, se fossi Dio rimpiangerei il furore antico,
non sarei certo permissivo, bastonerei mio figlio, sarei severo e giusto.Perciò se fossi giusto, io se fossi Dio, terrei le porte del mio regno spalancate,
aperte ad ognuno che vuole entrare. Non terrei chiusa la mia casa nemmeno un giorno,
spianerei tutte le strade, ogni possibile via e terrei le braccia aperte,
imparerei ogni singola lingua del mondo per dire ad ogni arrivato che è il benvenuto.
Ma poiché io non sono Dio e poiché non credo nemmeno nel regno dei cieli,
mi tocca lasciare l’amico Gaber alla morte e noi vivi alle nostre indeclinabili mancanze,
come diceva lui, ai nostri sfaceli.
Roberta Dapunt
Foto Archivio Fondazione Erri De Luca
camminando e cantando la stessa canzone…….
sentirsi il tramonto alle spalle e davanti Dio……semplicemente per vivere la vita…..
quella che ci è capitata in sorte……la più alta forma di obbedienza……..mi pare
l’unico possibile sì alla vita……
e aspetterei tranquillo l’ultima metamorfosi di cotanti tifosi ansiosi e soffocanti…..
in ogni caso se fossi Dio non mi lascerei chiamare invano e mi farei una grande risata….
da DIO appunto…….
Chiedo scusa, la citazione “così ciò che conosciamo da sempre ora ci succede di riconoscere soltanto” é da Dapunt e non da Dupont .
Secondo me é ciò che si deve dire ciò che si può dire, non altro. L’umanità, tutto il resto del creato no, dice Dio chiama Dio.
É l’animale, vita altra più vicina a noi, che ha dietro di se’ il suo tramonto. L’uomo sa di se’ , sa che morirà, la bestia no. Sapere questo significa avere coscienza.
Eppure – nulla sappiamo di questo svanire che non accade a noi – Rilke. Ne abbiamo una idea che se trattiamo con affetto ci consente l’astrazione: quella distanza della mente che serve ai sensi per essere pensati.
Basta fingere di essere sani ed ecco ci accorgiamo di essere omologati come persone.
Dunque, per uscire dal giogo occorre sentirci la più
ALTA CARICATURA mai tentata, quella di Dio. Così ciò che conosciamo da sempre ora ci succede di riconoscere soltanto – Dupont. Perché ci stanno omologando chiamiamo Dio per cose in fondo così alla nostra portata. Grazie Eles per avermi consentito questa riflessione
perchè chiamare DIO per cose in fondo così alla nostra portata?cose che noi possiamo fare quasi ogni giorno?meglio di Gaber DYlan l’ultimo Chisciotte o anche Cecco angiolieri…..
autentico poeta…….