Nel giorno in cui scrivo questa nota, il prezzo dell’oro e’ di 40,85 euro al grammo. E’ questo il valore dell’oro? No, questa è una delle sue valutazioni. Il valore dell’oro consiste nell’averlo offerto in dono, per esempio sotto forma di anello nuziale, a sigillo della più intima alleanza. Sta nel ricordo di quel momento, nel gesto di toglierselo per non rovinarlo eseguendo un lavoro manuale, nella disperazione di doverlo vendere, con le iniziali incise che verranno fuse.
Il valore di una cosa, preziosa o no, è personale e non soggetto a fluttuazioni di mercato. Il valore di un oggetto inizia nel punto e nel momento esatto in cui non appartiene al mercato, è diventato incedibile. Non può essere scambiato con niente, nessuna offerta può valerlo.
Si ripete che tutto ha un prezzo. E’ vero solo per quello che si mette in offerta. L’ anima di Faust e’ in vendita perché lui è disposto a cederla. Tutto ha un prezzo se esiste l’ occasione e la tentazione di metterlo in commercio assegnandogli una valutazione. Faust contratta e crede di aver fatto un buon affare.
Nella mia stanza ci sono due piccoli oggetti di molto valore per me, perciò non trattabili. Uno è un fregio di pietra, raccolto sulle macerie della Biblioteca di Sarajevo, durante gli anni dell’assedio. Ho frequentato quei luoghi in decine di viaggi da autista di convogli di aiuti, durante la loro malora. Ero nei miei quarant’anni e partivo lasciando il cantiere dove lavoravo da muratore. Gli altri operai mi tenevano il posto. Quel pezzo di pietra bianca, lavorata, esposta su un antico edificio mussulmano sbriciolato dalle granate di fine secolo, contiene per me una quantità di valore aggiunto. Contiene il mio tempo, la mia appartenenza al 1900.
L’ altro oggetto è un massiccio bullone a testa quadra, utilizzato per fissare un binario alla sua traversina. L’ ho raccolto sulla massicciata divelta e sconnessa del campo di sterminio di Birkenau/Brzezinska, in Polonia. Era aprile, ero solo, avvolto in un silenzio servito dal vento, cha faceva da cameriere spazzando ogni altro rumore. Camminavo sulla pedana lungo la quale più di un milione di vite erano scese dai vagoni merci piombati. Percorrevo i metri che portavano a fine corsa, dove avveniva la selezione. Percorrevo quel tratto di ultimi passi. Intorno c’ erano le rovine di un capoluogo dell’infamia.
Raccolsi tra i ferri arrugginiti, sparsi, il bullone a testa quadra. E’ un po’ storto, probabilmente ribattuto a mazza. Gli tolsi la ruggine con le mani, a quel tempo avevo i palmi di carta vetrata.
Ora sta sul tavolo della scrivania. Appartiene alla metà del 1900 in cui non c’ ero e che ho ricevuto in eredità dalla generazione dei miei genitori.
Questi sono due esempi di cose che hanno un valore e perciò nessuna possibile valutazione. Tutto ha un prezzo? Evidentemente no. Il valore di queste due piccole reliquie del 1900 è fuori di mercato. Non per questo mi arrogo il diritto di esserne proprietario, sono il loro custode.
Grazie.
Tu sei il valore aggiunto ai nostri giorni, i nostri occhi i protettori delle tue parole, tu sei un dono.