Di Roberta Dapunt esce da Einaudi “Le beatitudini della malattia”, seconda opera di poesia dopo “La terra più del paradiso”. Ci leggo una potente religiosità naturale che si è affrancata dall’appartenere a un tempo e a un luogo. E’ risalita a un altrove che scorre accanto alla vita domestica e si rivela a sprazzi solo nei momenti solenni del bisogno. “Fuori c’è il mondo”,lei dice alla Uma,la madre del podere alpino detto “maso”. La loro intimità di donne ammutolite nella stanza, lo tiene a bada, il mondo, di là dal recinto.
Alla domanda se la fede ha un odore, la risposta è sì,se posso pur’io coglierlo negli altri. Lei scrive: “E’ odore di stalla, di latte, di urina”. Ci aggiungo il fumo di legna che resta dopo l’inverno nella cucina, di calce passata sui tronchi a primavera, un odore di cura.
Leggo nel libro una più stabilita distanza, che non chiede di raggiungere. Infine è una liturgia, canto di salmi amari.
roberta dapunt quando scrive sa convocare tutto il potere delle parole
e queste sono come se non fossero, rese ogni volta in un flauto di vertebre
scritture semplicemente straordinarie, ossimoro di una vita da “coglierlo negli altri”…però!
perchè l’artista è perfetta come un aquila che ogni volta che spicca il volo, garbatamente s’avvicina a dio