Molta la solidarietà a seguito della semantica accusa per l’opinione pronunciata dallo scrittore a sostegno della popolazione della Val di Susa. L’accento delle sue parole è diventato reato e sarà processato nei prossimi giorni.
Scelgo anch’io una parola alla quale ancorare il mio fraterno appoggio a Erri De Luca. Voglio usare l’espressione: „come“. La uso a investizione di rappresentanza ed è quindi per me una delega.
Poche volte nelle mie scritture ho usato il termine „come“, poiché sono dell’opinione che la poesia non debba esprimersi per assimilativi. Scopro invece sul cammino di amicizia con Erri questa parola: „come“.
È avverbio di somiglianza, che su questa rotta verso la libertà di espressione è per me
equivalente di „proprio così“. In nessun altro modo! Perché onorata e riconoscente per i molti abbracci e gli altrettanti silenzi condivisi con l’amico, l’uomo che dal silenzio appunto, sa scernere molto bene i suoni del diritto dai rumori inutili, poiché così forte di coscienza civile, lui Erri De Luca parla, dice ciò che pensa, molte volte anche al posto mio.
Così Erri De Luca usa gli occhi come fossero i miei occhi.
Porge l’orecchio come fossi io l’ascolto.
Erri De Luca usa la sua bocca come fosse la mia bocca.
E io mi sento presente, anima e corpo nel diritto civile attraverso la sua parola.
Come Erri De Luca. Perché lui in qualità anche di me!
È questa volta la sua una parola contraria, che contrasta ed è diventata avversità! Si è
trasformata nella condizione di un’opinione sfavorevole, una voce discordante dal suono
acuto e affilato, che possiamo mettere in discussione per accordo o disaccordo.
Ma un processo alla parola? Imputare l’importanza del nostro primo elemento di espressione
quando assume un tono opposto a un altro che noi riteniamo conforme?
Questo è per me un reato e io non ci sto! Preferisco essere colpevole anch’io, come Erri De Luca, anzi io sono colpevole come Erri De Luca!
E dunque, alla semantica accusa io dico che se ci sarà colpa, anch’io avrò colpa, come Erri De Luca. Sarò colpevole nel mio silenzio, così lontano. Che da questi miei luoghi troppo spesso ciò che vedo, leggo, è tempo scorso, minuti finiti. Che sempre, fuori così tanto succede fino al racconto e ogni volta sono stata assente.
Ma non di meno, non di meno! Seppure appartata custodisco nelle mie espressioni molte
parole contrarie e quindi sarò colpevole anch’io. Come Erri De Luca.
Roberta Dapunt
Erri De Luca è la nostra matita. Noi lettori il suo tempera-matita.