Per uno di Napoli andare a Roma è un’emozione strana.
Succede solo con Roma. In qualunque altra città d’Italia si va e basta, senza termini di paragone in testa, perché ci si sente speciali, noi di Napoli. Ma Roma è un cancello misterioso, Roma tiene, contiene. E stata centro di civiltà e madre di lingua latina diramata per il mondo, sede di edifici eterni come il Colosseo e San Pietro. E patria di cinema.
Roma mette un poco soggezione a un giovane di noialtri che ci va, ma pure rianima l’orgoglio di venire da un luogo nostro altrettanto leggendario. La passione per il gioco del calcio, l’attaccamento a una squadra permette a un ragazzo di cominciare a uscire dal recinto conosciuto, dare un’occhiata in gita, che si chiama, con un po’ di fierezza: trasferta. Magari da solo uno non se la sentirebbe, invece in bella compagnia pure se piove poco importa. Benedetto calcio che ti dà la spinta buona a girare l’Italia, almeno quella della serie A di calcio. E Roma, così solenne, così vicina, Roma è una data fissata sul calendario da settimane, mesi. Maggio, è tempo di finali di coppe e campionati, giornate lunghe, occhi che luccicano. Si va a vedere il Napoli a Roma. Ciro Esposito, ventinove anni di vita seria, è aspettato da un assassino che vuole ucciderlo. Vuole uccidere un giovane di Napoli che sta andando allo stadio. E un fascista, è un tifoso romanista: questo per me non ha diritto di avere importanza. E’ un assassino. Esce di casa con la pistola carica per uccidere il primo napoletano che gli capita. Non devo sapere altro di lui: qualunque dettaglio diventa una spiegazione e qui non sono ammesse. E un delitto senza movente, perché il movente vuole essere scoperto e vuole intestarsi il crimine. No. L’assassinio di Ciro Esposito è un delitto puro da presentare davanti a un tribunale antico. Siano i numi o le leggi dei popoli, si tratta di Caino e della inesorabile necessità di espiare. Che il perdono della madre di Ciro Esposito sia su di lui più persecutorio della maledizione. All’assassino si applica per misura minima il disprezzo perpetuo e l’iscrizione del suo nome nella colonna infame per l’omicidio di un giovane uomo, giusto fra i giusti.
Se è stato il caso, serve la maiuscola: il Caso. Perché Ciro Esposito è esemplare, lieto di fare la sua buona parte in un quartiere di persone perbene, Scampia, diffamato da minoranza di criminalità ingombrante.
Spacciano droga in qualche strada di Scampia. E meno offensivo dello spaccio di notizie false, deformate, oscene della informazione a caldo. Ciro Esposito e i feriti con lui nell’attentato sono sotto arresto, piantonati in ospedale da uno Stato che non ha saputo difendere le loro vite e vuole farle passare per colpevoli.
Solo la forza d’animo del quartiere Scampia prima, della città subito dopo, riesce a stracciare in faccia al mondo le carte false, a ristabilire la minima decenza della verità.
Napoli sprigiona all’improvviso una compattezza civile da far venire i brividi. Si stringe intorno alla famiglia
e al quartiere. Se i sentimenti di identità e riscatto fossero misurabili in energia erogata, sarebbe quella di una
eruzione. Napoli si salda intorno all’agonia di uno dei suoi migliori rappresentanti.
Il nome Ciro Esposito va assegnato allo stadio che è stato il suo posto di festa. San Paolo ha fatto il suo tempo. A Napoli servono nomi di vite esemplari.
Nella scuola dove sono docente, l’Istituto Pacioli di Sant’Anastasia (Na), ho chiesto ai ragazzi di disegnare le proprie mani per Ciro Esposito. E’ nato un arazzo di carta di 6 metri con più di 200 mani colorate. Pende dalle scale a dire: costruire qualcosa…
Purtroppo Enzo e dico Enzo perchè se non ci fosse stato quest’uomo oggi a distanza di 7 mesi da quell’efferato omicidio non se ne parlerebbe più. Un omicidio come un altro. Una vita spezzata come tante e tutto oramai sarebbe nel più totale oblio.La verità è una sola che quel pazzo omicida con l’aiuto di altri criminali appartengono alla Roma che oggi sta uscendo sulle cronache di ogni giorno quella MAFIA CApitale che ahimè non ci darà più CIRO ESPOSITO ma la verità sul quel 3 Maggio 2014 deve uscire fuori. Perchè CIRO è un esempio per tutti noi e mai più odio ma solo giustizia per una famiglia un quartiere un popolo che aspetta solo questo: AMORE e RISPETTO.
Il male non ha nome non ha volto, spesso si fa senza un vero perchè o forse per il gusto di
fare male. La vita è sacra, sacra è l’acqua, la terra e molto di più sono i sorrisi che un giovane ragazzo di Scampia non potrà più offrire alla vita.