Carissimo Predrag ecco il mio contributo di affetto e di amicizia per te e per il tuo libro panettiere.
Il rifornimento della manna è assicurato dalla divinità per tutto il quarantennio di vagabondaggio di Israele nel deserto.E’ l’anticamera immensa della libertà, che sempre comporta un azzardo e un cammino.La libertà non è un giardino, ma un paio di sandali che vanno sopra sassi e rovi.La manna provvede alla caloria necessaria, senza interruzioni,anche nel momento di peggiore contrasto della divinità con il popolo che si è fatto un vitello da adorare.
“E di pane dei cieli li saziò” ,scrive il salmo 105,al verso 40.La manna è pane, cibo indispensabile che non si può negoziare,va fornito e basta. E il pane scende dai cieli a sufficienza ,ma con regole d’uso. La divinità precisa che serve “leoclà”,per cibo.Non è nota superflua, vuole con questo escludere ogni altro impiego:non se ne può fare commercio.Non si può accaparrare, rivendere a chi non vuole fare la fatica quotidiana di andarlo a raccogliere fuori dell’accampamento.La divinità ne impedisce la scorta con il rimedio del deperimento in giornata.Chi la conserva per il giorno dopo,la ritrova marcita.Quel cibo serve solo al sostentamento, ha il valore dell’uso e niente valore di scambio.La manna non è merce.
Altra regola era la distribuzione in parti uguali.Alla fine del raccolto quotidiano si controllava il prelievo.L’uguaglianza dell’alimento base rinforzava il legame tra i membri della comunità.Infine l’ultima premura:la manna che restava sul terreno era eccedente e sprecata sul terreno. Si sbagliava nel calcolo la divinità?No, impediva invece che il più debole dovesse raccogliere l’ultima porzione, quella scartata dagli altri.Così nessuno doveva affrettarsi,arrivare prima degli altri, litigare per la precedenza.Quella divinità aveva a cuore anche la dignità dei bisognosi.
Il pane è la manna della terra,opera laica a immagine e somiglianza di quella caduta nella quarantena del deserto. Predrag Matvejevic narra il grandioso vagabondaggio del grano,dall’Asia verso i campi del mondo,la lunga selezione e specializzazione trasmessa dalle generazioni. Osceno è il brevetto odierno sulle sementi di grano, il diritto d’autore preteso sull’opera anonima e gigantesca dei contadini dell’umanità.Altri con uguale abuso , sigillano l’acqua con marchio di proprietà privata.
Il pane contiene il valore aggiunto di popoli che l’hanno impastato per offrirlo alle divinità, con gesto di restituzione: con lievito o senza, con sale o senza, con il sangue o senza. Il cristianesimo nell’eucarestia trasforma il pane in carne,il carboidrato della terra in proteina celeste. Cristo è manna che fa il viaggio opposto.Da qui il profumo sacro che accompagna,almeno accompagnava, il pane sulle mense. Caduto dalla tavola mi hanno insegnato a raccoglierlo e baciarlo.E se mi mettevo a fare una pallina di mollica,protestavano schietti : col pane non si gioca.
Così non è strano per me che nell’ebraico antico pane e guerra sono la stessa radice trilittera: lamed(elle) het(acca aspirata)mem(emme. A negare il pane si procura guerra. Gid’on, Gedeone diventa condottiero in Israele quando i popoli vicini vogliono cancellare Israele distruggendone i raccolti.Chi affama costringe alle armi.
Aria,acqua,fuoco,terra:gli elementi primari della fabbrica,secondo i Greci antichi, concorrono alla formula del pane. La terra accoglie il seme e le radici del grano, l’acqua nutre la pianta in primavera,l’aria calda la matura in spiga e il fuoco ne trasforma la farina in forno. Il pane, oltre che opera delle maestranze dell’umanità, è impasto di grandiose forze di natura,ognuna catastrofica di suo,per potenza distruttiva.Allora il pane è il loro trattato di pace,la riuscita alleanza tra energie di natura e braccia umane. Il suo profumo di pagnotta calda, pure in mezzo a una guerra, impone una tregua alle armi.
Le saggezze dei nostri padri sono sempre attuali. Noi genitori ci dimentichiamo facilmente di questi insegnamenti e riflettendo non è ” tutta manna caduta dal cielo”
Anche a me hanno insegnato a tener di conto il pane e una volta, che portavo via i piatti dalla tavola, ebbi un attimo di esitazione di fronte al pane ed altro cibo che avrei dovuto buttar via. Una vecchia se ne accorse e mi disse: “Brava, brava, la grazia di Dio non si butta”.
Credo di non aver mai ricevuto un complimento più bello.
Grazie Erri.