Menenio Agrippa fu console in Roma all’epoca in cui la città combatteva per la sua esistenza tra i popoli del Lazio. Era una repubblica e al suo interno si manifestavano scontri tra le classi sociali dei patrizi e dei plebei.
Nel 494 prima dell’era Cristiana il popolo inaugurò uno dei primi scioperi della storia. Fu più radicale di una semplice astensione dal lavoro. Le masse popolari uscirono dalle mura e si accamparono su un monte.
Senza manodopera la città era paralizzata. Il console Menenio Agrippa senza seguito di armi andò all’accampamento e parlò al popolo.
È il celebre apologo delle braccia che protestano contro lo stomaco e smettono di nutrirlo. Così il corpo deperisce, braccia incluse.
Più che dalla metafora, il popolo si fece persuadere dall’uomo e rientrò in città, ottenendo in cambio dei miglioramenti.
Oggi non reggerebbe l’apologo di Agrippa. Il cittadino sente di non appartenere a un corpo sociale. Quel sentimento si è dissipato in una lunga pratica di corruzioni, abusi, prepotenze e guapperie di Stato contro cittadinanze.
Il singolo oggi si sente suddito di un potere che può disporre arbitrariamente della sua salute, dei suoi paraggi, dei suoi beni. Il sentimento diffuso è l’isolamento. Questa è la base politica della paura, del risentimento, della diffidenza che una classe dirigente aizza e sfrutta.
Gli sposi temono di generare, i giovani temono il futuro, gli inquilini temono un arrivo di ospiti: disturbi di comportamento di chi non si sente parte di un insieme pubblico.
Il linguaggio ufficiale ha eliminato parole come pace, umanità, coraggio. Chi si comporta onestamente in un incarico pubblico è dichiarato apertamente eroe, e, alle spalle, imbecille.
Eppure una società continua a esistere se una sua pur minima frazione si sottrae all’andazzo. Quando i docenti universitari vennero chiamati a giurare fedeltà al fascismo, su 1200, dodici rifiutarono e persero l’incarico.
Dodici su 1200, scrivo apposta quella minuscola pattuglia con le lettere, tenendo tutti gli altri nel mucchio numerico. I dodici erano in proporzione di: su 1000, uno.
In Italia oggi esiste almeno un cittadino su 1000 che rifiuta atto di sudditanza e così tiene insieme la frastornata, derisa parola: società.
Una società che non sprechi idee, il denaro per realizzarle e la fiducia che queste possano migliorare la vita. Eco-mostri, cattedrali nel deserto, palazzetti per mosconi, terme tombali, musei del nulla… Idee delocalizzate.
Ricordando P.P.Pasolini
Tutti gli amori tutti i dolori e pure le gioie
dobbiamo immettere nel nostro presente,
quando sembra fatto di niente.
Riempiamo lo spazio del non detto
con le parole che oggi sappiamo,
pulite dal rancore che più non abbiamo.
Antigone è dappertutto, non come segno di lutto,
ma per ricordarci semplicemente che
_non per odiare io sono nata,ma per amare_
La voce di una donna attraversa il tempo,
come una freccia trafigge il nostro sgomento.
Ritornare a lei, nei momenti bui che stiamo attraversando, aiuta.
Ascoltiamo il suo canto che lenisce la pena
e,forse,riconcilia il momento,il qui e ora che stiamo vivendo
Con grande acume Pier Paolo Pasolini affermò che: “Nulla è più anarchico del potere, solo il potere può fare ciò che vuole e ciò che vuole il potere è arbitrario o dettatogli dalle sue necessità di carattere economico”.
Il potere di uno Stato infatti è ormai più prettamente economico che politico: la nostra stessa Europa rappresenta oggi un insieme di mercati più che di popoli.
Tuttavia la divisione dei poteri istituzionali, che non esisteva durante il Fascismo, è stata favorevolmente sancita anche dall’Unione europea e la nostra Costituzione, pur avendo dei limiti, ci ha permesso di scongiurare il pericolo di nuove guerre.
Proprio affidandosi all’applicazione della Costituzione il Presidente Sergio Mattarella è riuscito ultimamente, grazie ad un suo veto, ad evitare il peggio.
Solo in una società meno corrotta, che abbassi le aspettative economiche dei più ricchi, potremmo restare liberi nella fiducia di esercitare e non subire la nostra cittadinanza.
Solo con grande sforzo e volontà possiamo ancora continuare a sostenere i valori della coscienza, tra i quali Erri De Luca elenca: coraggio, umanità e pace.
Una piccola percentuale di persone, Pasolini compreso, ha dato la propria vita per questi valori.
Valori che, malgrado tutto, rimangono incommensurabili.
Era già l’ora che volge il disio
ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’han detto ai dolci amici addio;
e che lo novo peregrin d’amore
punge,se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more
in questa ora così dolce e misteriosa i nostri cari che non ci sono più vengono a trovarci…..ovunque siamo
Sarebbe bello poter tutti “abitare la stessa visione del mondo”: un bell’esempio di società
Davvero penso che la parola “società” oggi trovi un senso soltanto per analogia con un’altra più usata: social. Che l’una si svuoti e svuoti l’altra. Che i nativi digitali non sanno più dove ormeggiare i continui sbarchi di anziani che scappano dai campi di bocce, i cenoni e dai tornei di briscola. Che le famiglie sanno cavarsela con l’allarme di casa senza disturbare il vicino, che non sa tutto con molta discrezione. Che sappiamo troppo e di questo nulla ci riguarda, anche se spia fin dentro le coscienze con la licenza di un Fratello. Che “abbiamo barattato la libertà per un poco di sicurezza” che confondiamo con la felicità. Che ci dimentichiamo il bambino in macchina, mentre una volta lo buttavamo con l’acqua sporca. Che il mondo era in strada. Che sorella morte dava un perché per aggrapparsi alla vita e piantare un albero, oppure raccogliere l’uva più velocemente. Che il campo è altrove ed è cambiato. Che non avendo un monte dove accamparci, accampiamo la pretesa di sapere chi siamo dal vestito che decidiamo di indossare. E poi tutti giù per terra.
Mentre pensavo al momento storico pieno di orrori che stiamo vivendo, ho riaperto -L’idiota – di Dostoevskij e riletto
-La Mia Indispensabile Spiegazione-,poche pagine che si possono quasi leggere a prescindere dal resto.
Mi sono fermata a lungo sulle parole di Ippolit -mi disprezzava umilmente-
Alle madri e ai padri dei bambini morti annegati, nel mare nostro, che,annichiliti dal dolore ci disprezzano umilmente
Credo piu di uno
Renato mi hai anticipato, e in questo infortunio numerico, il caro e stimato Erri De Luca ci da la misura di come la realtà a volte sia diversa dalla nostra raffigurazione mentale, pur se questa sia ispirata ai piu nobili sentimenti. Nessuno di noi vuole le guerre, ma una volta trascinati in un conflitto, possiamo resistere e combattere affinché l’aggressore abbia la peggio; lo abbiamo visto in Viet Nam, lo vediamo in Siria, lo vedremo in Italia anche se questo aggressore e il più grande concentrato di perversione, denaro e violenza che abbia mai calcato il pianeta, il mercato globalizzato liberista
“Su 1000, uno”. Infausta proporzione.
In quei 1000 stanno milioni, miliardi forse. In quel “uno” ne stanno comunque molti più di “uno”.
Ma saranno sempre meno degli altri.
La minoranza. La libertà.
Saranno il termine di paragone, il riferimento, il bersaglio, il capro espiatorio. La differenza.
Saranno visibili perché “diversi”.
Saranno ricordati perché determinanti.
Saranno storia. E la scriveranno per tutti.
Vivadio, su 1000 ci sono altri nove pronti ad unirsi a quel solitario povero cristo per rifiutare atto di sudditanza… Quando gli estremi si moltiplicano, i medi sono capaci di fare da detonatore… Ops, denominatore, a t3 piacendo…
È che ci mancano i “denomitonatori”, quella prole che un tempo aveva il valore di futuro. Si diventa miopi, tristemente miopi.
guardiamoci in faccia: non scandalizziamoci delle nostre contraddizioni quindi neppure di quelle altrui.Restiamo umani.
Si è veramente isolati quando l’unico battito che si sente è quello meccanico dell’orologio.
Ancora non è così.Sabato indosserò una maglietta rossa_per fermare l’emorragia di umanità_come ci invita a fare LIBERA CONTRO MAFIE.
L’oscurantismo che avanza inciampa in mille contraddizioni,le incontro ogni volta che esco di casa,sono donne e uomini a volte confusi, ma sicuramente
il numero di chi sa resistere alla barbarie è molto di più di uno su mille per fortuna,la storia che abbiamo alle spalle qualche traccia ha lasciato ,in tutti.
Oltre a resistere,ognuno nei luoghi in cui si trova,occorre diventare liberi battitori nel vasto mondo dei libri ,e non stancarsi di navigare.Come il cinese di
Cristina Campo che sa-che ogni rigo letto è profitto-La consapevolezza di vivere tempi fragili è diffusa ma è appunto consapevolezza,più di ieri non ci
accontenteremo di parole bugiarde,di barbari venditori di luoghi comuni.ADDà passà a nuttata……questo lo sappiamo,prepariamoci dunque a ricominciare dando fiducia con un po’ di fiducia.
La limpida dozzina. Un mio compagno di liceo non solo traduceva ma spesso si esprimeva in latino o greco antico, scriveva pure poesie in “lingua morta”. I suoi temi erano piccole opere di letteratura. Ma a far di conto era uno strazio. Nei negozi faticava a capire se il resto era giusto. Io lo canzonavo. E rimasto così. Ancora oggi gli voglio un gran bene. Ha il dono di comprendere senza bisogno di parole. Si chiama empatia. Tipica dei poeti, letterati, artisti. Ma non fargli fare i conti. Li facciamo io i te, Renato, materialisti e calcolatori.
E lo dici a me che ho passato per anni l’estate trascinandomi dietro il “Peppe Zwirner” in ogni dove nell’inutile tentativo di recuperare quello che non avevo mai capito negli altri 9 mesi, in effetti.
Ma sai cosa, vista sui social questa imprecisione diventa un appiglio, un gancio a cui attaccare frustrazioni e malevolenze. Io a Erri voglio bene come ai suoi libri e proverei immenso fastidio a leggere ridicolizzazioni o battutacce. Lì fuori ci sono i lupi, è il caso di attrezzarsi.
Erri perdonami 1200:12=100 oppure 12×100=1200 🙂 Correggi va