Prefazione a Pappagalli Verdi di Gino Strada.
Le guerre moderne si riconoscono facilmente da tutte le altre: distruggono più vite di indifesi che di soldati. Senza voler includere nelle perdite lo sterminio sistematico di popolazioni, basta il bombardamento aereo di un centro abitato a realizzare il sorpasso e il disavanzo. I civili sono il bersaglio principale delle guerre moderne, da Guernica in poi.
Una versione di comodo chiama danni collaterali la distruzione di vite umane di donne, vecchi, bambini, in seguito a operazioni militari. Non sono danni collaterali capitati per sbaglio, ma per volontà strategica. Questa volontà è responsabile delle mine anti uomo collocate nei campi, nei pascoli, presso le sorgenti d’ acqua, nei cimiteri. Questa volontà di strage è responsabile delle mine giocattolo, i pappagalli verdi, costruite per esplodere nelle mani dei bambini.
Gino Strada, brillante cardiochirurgo specializzato nelle migliori università del mondo, butta la sua carriera alle ortiche e va a fare il chirurgo dove più imperversa la macelleria sommaria delle guerre moderne. Promuove insieme a sua moglie Teresa Sarti il più efficace e militante intervento sanitario in zone di conflitto. Emergency, con la sua E rossa in cerchio rosso, esiste e opera dove le altre organizzazioni stentano e si ritirano.
Questo libro racconta il suo inizio, le prime esperienze di costruzione da zero di ospedali tra le macerie e delle scelte limpide e ostinate di volontari di pace in azione contro l’ insopportabile. Nel racconto si alternano salvataggi e sconfitte, sconforti e sollievi, in ordine sparso. Succede così alla vita quando si sta in terre di nessuno, su bordi di frontiere che si spostano, dentro un assedio.
Da questi racconti imparo, riconosco, immagino. Cos’ altro di più posso chiedere a un libro?
In una pagina di apertura, Gino Strada si scusa di non essere scrittore e di poter solo elaborare appunti di uno che è stato a fianco di un’ umanità ferita. Faccio lo scrittore e so che nessuno di quelli che conosco poteva scrivere questo libro sul 1900. Non è solo memoria, è una forza di compassione, di collera, di sdegno e di fraternità che ha l’ impeto di un romanzo, ma anche la forma. I verbi che vanno al presente indicativo costringono il lettore a essere testimone. Eccone un esempio che merita di avere l’ ultima parola di questa breve nota. Qui Gino Strada parla di Kabul :” quella dove i pensieri e i sentimenti nascono veloci e profondi, dove si può stare all’ aperto nella notte fredda a porsi le domande più grandi.
Ho letto tempo fa Pappagalli verdi e condivido le considerazioni di Erri De Luca: è insieme un romanzo, un diario di guerra, un racconto intimo. Cosa può chiedere di più a un libro chi vuole conoscere la ferocia della guerra?